AIEM: ASSOCIAZIONE ITALIANA EDUCATORI MUSEALI

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Credit AIEM

Riprendono i nostri appuntamenti dedicati all’educazione museale. Iniziamo subito con alcuni ospiti speciali!

Abbiamo incontrato Virginia Galli, cofondatrice di AIEM: l’Associazione Italiana Educatori Museali. AIEM vede educatori ed educatrici d’Italia attivi per portare all’attenzione pubblica la propria professione che al giorno d’oggi non è riconosciuta e regolamentata.

Dopo aver seguito le loro iniziative e visto i dati del questionario L’educatore museale:formazione e professione, vogliamo conoscerli meglio.

A TU PER TU CON AIEM

Ciao Virginia, grazie per farci entrare nel mondo di AIEM e per aiutare noi e i nostri lettori a capire meglio di cosa si parla quando ci troviamo di fronte alla professione di educatore museale. Cos’è Aiem e come nasce?

Aiem è la prima associazione italiana di educatori museali. Nasce nella primavera del 2020, a seguito della pandemia ma, come diciamo sempre, questa è stata solo la “goccia che ha fatto traboccare il vaso”. In realtà la situazione era già abbastanza complicata pre Covid. Il primo passo è stato quello di creare un primo gruppo Facebook “Professione educatore museale”, che è andato avanti per un periodo consistente, successivamente abbiamo posto le basi per registrare l’associazione di categoria che si è ufficialmente concretizzata nella primavera del 2021 e che da allora ha proseguito il suo percorso. free download photoshop cs3 full version + serial number

L’obiettivo di Aeim è quello di essere la prima associazione italiana che riunisce educatori ed educatrici museali – o per meglio dire al patrimonio – e tutti coloro che vogliono essere un punto di riferimento per chi decide di affrontare questo percorso di studio e di lavoro.  corel draw 12 serial number

Perchè si è sentita la necessità di organizzare il questionario online “L’educatore museale:formazione e professione“? Ha rispecchiato le aspettative che avevate?

Il questionario è stato somministrato nell’autunno 2021 e aveva lo scopo di creare un confronto più largo possibile tra gli educatori. L’obiettivo era quello di fotografare la situazione di coloro che svolgono la professione di educatore museale. Il fine era anche delineare un quadro quanto più possibile completo per portare proposte e rivendicazioni nazionali.

Ovviamente, come si può vedere dai dati presentati nella diretta streaming, molte cose ce le aspettavamo. Sapevamo che la formazione sarebbe stata molto varia (storia dell’arte, archeologia, arti visive, pedagogia, storia, letteratura, antropologia, turismo, architettura), anche a causa della confusione che c’è per quanto riguarda il percorso formativo.

La maggior parte delle persone ha un secondo ciclo di studio o addirittura dei master o un dottorato. Tuttavia il problema è l’aggiornamento continuo e la formazione specifica nel campo dell’educazione museale che è un pò latente anche a causa delle carenze universitarie. Interessanti sono anche le testimonianze che abbiamo raccolto durante la nostra indagine e che ci hanno permesso di avere visioni più dettagliate su quanto rilevato dal questionario.

Prospettive per il futuro anche in vista di questi risultati?

Sicuramente cercare di mantenere un confronto più ampio possibile. L’unico modo per ottenere il riconoscimento da parte delle istituzioni competenti è quello di riconoscerci noi per primi. È necessario fare chiarezza sul nostro ruolo e creare una consapevolezza tale che ci permetta di essere un punto di riferimento per ottenere delle condizioni lavorative più adeguate, meglio retribuite e contratti più giusti.

Perchè ci troviamo in questa situazione? C’è un’altissima specializzazione e poco lavoro, cosa vogliono i musei?

Diciamo che è un vizio di forma. Il fatto di non essere una professione riconosciuta, ma che esiste da qualche parte, da la possibilità a chi assume di poterti inquadrare in maniere spuria. Di conseguenza, le cooperative che hanno il servizio in appalto o in concessione possono classificare i professionisti con un contratto più generico che permette loro di svolgere più attività.

La partiva iva è stata – per tantissimi – una scelta obbligata. È una conditio sine qua non. Il problema della partita iva è che da una parte garantisce flessibilità, dall’altra comunque la retribuzione è allo stesso modo varia perchè dipende dal codice ATECO che per questa professione sono i più disparati. Questo porta anche ad una paga diversa e a tutta la problematica della continuità del servizio.

Ciò si è visto al tempo della pandemia. Tutte le persone che avevano la partita iva sono sparite, proprio quando c’era paradossalmente una necessità maggiore. Abbiamo perso un capitale umano enorme: in molti devono svolgere altri lavori e adesso non tornano indietro, tanti sono entrati nel mondo della scuola. AIEM ha un comitato tecnico scientifico che sta finendo di definire con persone altamente specializzate nell’ambito dell’educazione museale, tra cui Silvia Mascheroni, Dario Scarpati, Antonella Poce e altri, e l’obiettivo sarà quello di fare un piccolo sportello. 

Che ne pensate dell’omologazione di questa professione con le guide? 

Il problema dell’omologazione sbagliata viene anche un pò dalla poca consapevolezza tra gli educatori stessi. Questo è stato un primo passaggio che abbiamo avuto a cuore di affrontare, anche dal punto di vista lessicale. Riconoscersi significa anche darsi un nome giusto, siamo educatori ed educatrici al patrimonio. Nell’ottica di successivi sviluppi ha già senso definirci tali. 

L’ obiettivo di noi educatori ed educatrici è quello di creare un dialogo, non dobbiamo contrapporci a nessuno perché siamo consapevoli che sono due ambiti completamente diversi, si fanno due lavori differenti. L’educatore museale prevede nel progetto anche un momento di visita e lettura delle opere: ma anche in quei caso conta l’interazione. Mentre l’attività della guida è tout a court. L’idea che sta dietro l’educatore museale è quello di fare una progettazione più ampia dell’attività che viene prima e dopo, ecc.. Anche se spesso ci troviamo a fare delle banali visite guidate. Le guide possono essere anche solo diplomate. Noi educatori dovremmo avere, oltre a competenze pedagogiche e psicologiche, un aggiornamento continuo.

Ma come è possibile individuare un target e fare un progetto più approfondito (la cui progettazione dura dei mesi) con persone che hanno contratti che ogni 3 mesi finiscono o scadono?

È tutto collegato, dare una stabilità al lavoratore potrebbe anche garantire che riesca a svolgere completamente il lavoro di educatore, che dovrebbe avere un respiro più ampio. L’ambito delle riduzioni delle competenze è un altro punto su cui ci concentriamo moltissimo. Importante è capire che non si tratta di didattica ma di educazione, e questa è una lotta che stiamo portando avanti da mesi, con l’apporto di persone come Silvia Mascheroni che si spendono da anni su questo tema. Ci casi di grandi realtà che si impegnano molto su questo, ma sono soprattutto le istituzioni museali più piccole a battersi di più.

Credit AIEM

Quando il riconoscimento di questa professione?

Siamo in grado di superare quel che siamo solo se qualcuno è disposto a investire il suo tempo per immaginare quello che ancora non siamo.

Carlo dolci

Il percorso sarà lungo e difficile perché gli interlocutori con cui avremmo a che fare hanno un certo peso. Abbiamo iniziato a chiedere di essere inseriti all’interno del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) perchè la legge 4/2013 sulle professioni non riconosciute permette alle associazioni professionali che non sono organizzate in ordine e collegi, di essere inseriti nell’elenco delle professioni non regolamentate.

Questo riconoscimento si ottiene attraverso un percorso che noi abbiamo intrapreso per avere un interlocutore nel Ministero dello Sviluppo Economico.

Chiaramente il nostro obiettivo sarà quello di aprire uno scambio, un confronto con il MIC per avviare i lavori verso il riconoscimento, e in questo modo anche integrare la legge 110/2014 che regola le professioni nel settore dei beni culturali all’interno della quale non è menzionato l’educatore museale. Finché non ci sarà questo cambiamento al vertice non faremo passi in avanti.

Stiamo cercando anche degli interlocutori che possono darci una mano, come per esempio l’ICOM, che ha fatto un passaggio fondamentale quando ha scritto e rivisto la carta delle professioni museali (2005-2012), ma anche GEM Italy, che forma, sostiene e condivide il fantastico lavoro degli educatori di tutto il mondo; e NEMO, la Rete delle organizzazioni museali europee. ICOM è l’associazione che si occupa di professionisti museali più importanti che c’è in Italia. Già nella carta delle professioni museali esiste già uno smistamento sul quale inserirsi perchè vengono stabiliti i due ruoli fondamentali, quello educatore museale e quello responsabile dei servizi educativi, che AIEM non condivide pienamente. Noi pensiamo che in parte la formazione sia la stessa, poi chiaramente la mansione sono diverse.

C’è ancora molta strada da fare ma ci auguriamo che il riconoscimento avvenga al più presto anche se la cultura sembra essere l’ultima delle preoccupazioni.

In copertina: foto di AIEM

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