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Per questa Legislatura non cambiare, stesso Ministro per i beni e le attività culturali.
Il Re Sole della cultura italiana – come l’ha definito qualcuno – è stato riconfermato alla guida del ministero anche dal nuovo Presedente del Consiglio Mario Draghi. Con una sola differenza: Il MiBACT ora si chiama Ministero della Cultura (un nome che fa spallucce al caro articolo 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e ricorda tristemente l’antenato del 1937).
Che fine ha fatto il Turismo? Tornerà ad avere un dicastero a sé stante guidato dal leghista Massimo Garavaglia, paladino delle piste da sci ed ex Viceministro dell’Economia.
Il Presidente Draghi durante il suo discorso al Senato il 17 febbraio ha giustamente ricordato la rilevanza del nostro patrimonio identitario umanistico, i nostri beni culturali la cui importanza è riconosciuta a livello internazionale; ma anche che il turismo, prima dell’emergenza sanitaria, rappresentava il 14% del totale della attività economiche della Penisola. Per la serie «in Italia potremmo campare di arte e cultura» (Venezia è bella, ma non ci vivrei e Qui una volta era tutta campagna).
Non ci sbilanceremo facendo pronostici sui programmi dei due nuovi ministeri, anche se ne conosciamo il pregresso. Nel frattempo, continueremo a far sentire la nostra voce, questa volta con le dita di entrambe le mani incrociate; non si sa mai.
studentessa_stra_ordinaria
Daniela Caccamo è la Stuedentessa_stra_ordinaria che ama «divulgare la cultura per svecchiare un sistema d’élite».
Storica dell’arte invasata e tecnica del restauro, oltre a mettere a dura prova i cuori dei suoi 1380 follower come Stendhal dopo aver visto la basilica di Santa Croce, Daniela ha mirabilmente trasformato il suo account in una piccola enciclopedia dell’arte. Avete ancora dei dubbi su come si prepari un affresco? Niente paura, ve lo spiega lei nel modo più instagrammabile possibile.
Ciao Daniela, benvenuta!
Ciao a tutti! Grazie per aver pensato a me per questa fantastica rubrica.
Quando e perché hai deciso di usare Instagram per riempire il mondo digitale di bellezza?
In realtà questa pagina Instagram è nata come un profilo personale, ma, inevitabilmente, la mia personalità continuava ad intrecciarsi con l’arte; è stato quindi a settembre del 2019 che il nome è diventato Studentessa_stra_ordinaria e ho iniziato a postare immagini che parlassero d’arte senza una particolare strategia. Diciamo che sto iniziando ora a definirne una.
Su Instagram hai avviato tre progetti e per ciascuno hai creato guide e storie in evidenza. Tra questi c’è #tecnicheartistiche, una piccola enciclopedia illustrata. È una cosa probabilmente unica, che non si vede solitamente sugli account dellə altrə Art Sharer.
Ho avuto un percorso di studi abbastanza movimentato: ho iniziato beni culturali a Genova per poi trasferirmi a Brescia e laurearmi in Restauro alla triennale e successivamente in Storia dell’arte a Padova. In tutti questi percorsi c’erano alcuni esami in comune che mi hanno toccato il cuore: quelli sulle tecniche artistiche.
La cosa davvero interessante è che durante la triennale non le ho solo studiate, ma le ho provate praticamente e sono sempre più convinta che ogni storico dell’arte debba saper riconoscere e distinguere una tempera da un olio ad occhio nudo. Quando vado al museo guardo un dipinto in luce radente, per osservare le pennellate e i restauri e solo successivamente mi allontano per osservarne l’insieme, capirne l’iconografia.
I post in cui parlo di tecniche artistiche sono quelli con il maggior numero di salvataggi, il che mi rende davvero felice e – perché no – mi lusinga anche! Sicuramente continuerò ad essere la paladina delle #tecnicheartistiche cercando modi sempre più attrattivi e instagrammabili.
A luglio 2020 è nato l’hashtag #chicchedietrocasa, una guida per (ri)scoprire i tuoi luoghi in un momento storico in cui spostarsi è stato difficile e rischioso. Nei post della tua guida spunta qualche «Non c’ero mai statə». Cos’hai riscontrato dai commenti dei tuoi follower?
Ho riscontrato molto interesse anche da persone che non sono assolutamente all’interno del mondo dell’arte o del turismo. Tutto ciò è fantastico! Con questi post punto proprio a questo tipo di pubblico. Voglio far innamorare le persone del proprio territorio, l’Italia ha un potenziale enorme e la valorizzazione deve partire da ciascuno di noi, dal nostro piccolo angolo di mondo.
Il più giovane dei progetti di Studentessa_stra_ordinaria è #dante_sso per i 700 anni dalla morte del Divino Poeta.
Si esatto! Un progetto più grande di me, mi rendo conto. Proprio per questo chiedo la collaborazione ad alcune pagine che seguo così da poter dare il giusto taglio ad ogni IGTV. So benissimo di non essere tuttologa quindi sono ben contenta di chiedere aiuto.
Il progetto durerà tutto l’anno tra fotografie molto creative per mostrare alcuni canti della Divina Commedia, IGTV e storie che tratteranno diversi aspetti e opere del poeta, e (si spera presto) anche video su YouTube. Dante ha un sacco di cose da raccontarci e non vedo l’ora di condividerle con voi!
Veniamo ora alle domande di rito.
Il mondo dell’arte e della cultura ha bisogno della figura dell’art sharer? Il suo ruolo può davvero spingere verso una nuova e prolifica forma di valorizzazione del patrimonio culturale italiano?
Io direi che siamo alle porte di una nuova era culturale. L’art sharer, l’art influencer o come lə si voglia chiamare, potrebbe essere necessariə. Tanti hanno una laurea in storia dell’arte e affini, ma se andiamo ad analizzare tutti i profili delle persone che state intervistando, troveremo molteplici punti di vista. Ecco, questa figura potrebbe, dovrebbe, aiutare le istituzioni raccontando le opere con occhi diversi da quelli ufficiali, parlando ad un pubblico in modo diretto, terra terra. La figura dell’art sharer potrebbe davvero essere il mezzo con cui svecchiare l’idea di museo e di cultura d’élite.
Il modo di raccontare l’arte sta davvero cambiando? Potrà evolversi in qualcosa di diverso, o resterà legata agli stilemi che la incardinano all’immagine stereotipata del salotto elitario?
Ahaha ho risposto alla precedente domanda prima di leggere questa!
Il modo di raccontare l’arte sta già cambiando, non solo su Instagram, ma anche sui libri. Mi viene da citare Post di Francesco Bonami (Feltrinelli, 2019) o Figure di Riccardo Falcinelli (Einaudi, 2020); due libri che non raccontano l’arte filosofeggiando, ma lo fanno in modo diretto, limpido – o per lo meno questo è ciò che ho percepito leggendoli.
Il cambiamento sui social è ancora più tangibile: chi tra noi scrive una caption come se fosse ad un esame universitario? Io no sicuramente, ciò non significa che le informazioni date siano errate; semplicemente si fa storytelling.
Il pubblico come risponde alla figura e al lavoro dell’art sharer?
Il grande pubblico non è ancora pronto per queste nuove professioni.
Leggo tantissimi commenti di persone che sputano veleno su chi lavora con i social. Bisogna innanzitutto educarle ad usare il digital in modo consapevole e – forse – solo allora ci potrà essere un riscontro positivo anche verso queste figure.
Nel frattempo noi ci portiamo avanti preparando un buon terreno!
Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello! Cambiano i governi, ma il Ministro della cultura resta sempre lo stesso; l’annuncio del presidente Draghi non è stato un Carnevale di Rio per tutti – non solo per i lavoratori dello spettacolo, ma anche per i professionisti dei beni culturali e gli aspiranti tali.
Il presidente del Consiglio ha accennato a quanto sia fondamentale per la rinascita del Paese puntare al settore culturale e turistico; potrebbe essere un modo per ripensare da tre (perché tre cose me so’ riuscite dint’ ‘a vita, pecché aggia perdere pure chelle?) l’intera gestione del nostro patrimonio. Se, come Art Sharer, ti venisse chiesto un consiglio per contribuire a questo processo, cosa proporresti?
Proporrei di partire dal basso: nei piccoli musei, fondazioni, istituzioni sono tante le problematiche. C’è poco personale perché non c’è il budget per dare degli stipendi definibili tali; ci sono troppi volontari che non hanno le competenze giuste per quel determinato compito; ci sono alcuni dipendenti (o forse meglio dire stagisti a vita) che svolgono le mansioni di due o tre persone.
È inutile continuare a sbandierare ai quattro venti i grandi musei, quelli li conoscono tutti. Che senso ha se poi il pubblico non conosce la pinacoteca del proprio paese o non ci va perché fa orario ridotto a causa della mancanza del personale? Forse il mio è un pensiero un po’ banale, ma è quello che percepisco non vivendo in una grande città come Milano o Firenze, con i musei più famosi.
Vi ringrazio tantissimo! È stato un onore essere intervistata da voi.
Grazie a te, Daniela. È stata una chiacchierata davvero molto interessante.
In copertina: Credit Daniela Caccamo – Studentessa_stra_ordinaria.