Di Michael Camisa
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Il libro di Matteo Bergamini, L’involuzione del pensiero libero – arte e giornalismo all’epoca del non detto, porta in auge e sottolinea la condizione della non-libertà d’espressione contemporanea, mettendo a confronto due elementi che per natura stessa sono indivisibili: arte e vita.
Il periodo storico attuale non è affatto semplice, ma intricato di problematiche di cui ci si deve interessare per essere individui coscienti e non corpi erranti. La guerra è sotto gli occhi di tuttə, non quella che si studia sui libri alle scuole superiori, ma una più silenziosa, limpida e subdola. Non esiste eccezione: tuttə siamo chiamati al fronte, bisognerebbe prima partire dall’organigramma dei vari schieramenti, considerando sempre che ciò che si vede è solo una parte del tutto.

Non ci si può affidare alla storia del passato nel campo dei social network e dell’informazione smart, perché la si sta scrivendo ora. Ogni giorno si compiono scelte, in gran parte proprio tramite lo smartphone, diventato il prolungamento del braccio umano. Credete che il vostro pensiero sia libero? Se siete convinti di sì, quanto pensate possa essere condizionato dalle immagini e informazioni che si ingurgitano ogni giorno? Quante di essere sono veritiere e verificabili? Vengono accettate condizioni e strutture imposte, spesso senza porsi interrogativi: voto infrangibile, che si rinnova ogni giorno con l’ausilio di dita e schermo.
L’arte non è mai stata terreno della democrazia e delle uguaglianze. Gli artisti sono una minoranza, così come la cultura. La scrittura d’arte ha dovuto adattarsi a nuove forme, imparando a essere semplificata e sacrificando la sua personalità ad algoritmi di Google. Il giornalista d’arte si deve quindi addossare responsabilità di azione e visione, se la critica d’arte è davvero morta per come la storia ce l’ha insegnata.
Si è sempre più ricchi di questioni da commentare, di sollecitazioni da cogliere e sempre più lontani da un’organizzazione profonda di senso. Basti pensare a quanti luoghi dedicati alla cultura e all’arte vengono recensiti commentando la terribile esperienza culinaria e lo scontrino troppo alto, anziché la validità dell’esperienza.

La gente non ha bisogno di affetto. Quello di cui ha bisogno è il successo, in una forma o nell’altra.
Charles Bukowsky
L’opera d’arte è stata decontestualizzata, aperta, squarciata, svuotata, mercificata, banalizzata. Non è durante i massimi conflitti che si sono sviluppate correnti controcorrente? Non è l’arte che non ha accettato i compromessi a essere passata alla storia? L’arte ha un compito necessario: quello di mostrare a chi è in grado e a chi vuole vedere quello che rimane solitamente occultato, taciuto e violato, ma soprattutto di esprimersi liberamente.
Il tuttologo odierno ritiene di essere competente su qualsiasi argomento, ma sempre grazie al web. Scrive Matteo Bergamini: «L’immagine e la cultura televisiva sono la riduzione ai minimi termini della vita, nascono surrogati vendibili e alla portata di ogni coscienza. Dopo tutto però c’è una buona notizia: la democratizzazione e la libertà di utilizzo dei mezzi mediatici ha permesso un autogol clamoroso nelle maglie della propaganda: la circolazione, nella stessa rete, della vera dissidenza». Essere nuovi significa sentire la cultura come natura.

La necessità di scrittura e informazione libera diventano quindi di fondamentale importanza per un’arte che non sia abbagliata dalle cronache del sul tempo. Il libro L’involuzione del pensiero libero – arte e giornalismo all’epoca del non detto è una doccia fredda di realtà, senza mezzi termini ed edulcorazioni, con prove tangibili di quello che sta accadendo nel mondo dell’arte, dell’informazione e della coscienza collettiva.
Un inno a lottare per una reale informazione, per una presa di coscienza e quindi per la libertà, piuttosto che concedere la cultura all’asservimento e connivenza dei media. Una speranza, forse ancora chiusa nello scrigno di Pandora, che ci sia una voglia di mutazione, non solo nel campo artistico, ma nell’arte del vivere.