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Il 2017 ha urlato tutto ciò che fino a poco tempo prima era stato solo sussurrato; nulla che quindi non sapessimo, ma – finalmente – i telegiornali cominciavano a spendere qualche parola in più in merito, dedicavano interi servizi, rubriche e persino dossier (seppure in seconda serata) inerenti a queste tematiche.
Il caso Weinstein, i movimenti #MeToo e We are not surprised – nato proprio nel settore artistico in seguito allo scandalo Landesman – hanno fatto da rete a strascico mostrando anche le facce della disparità di genere e delle molestie sessuali che non avevamo ancora messo bene a fuoco.
una piccola premessa
Abbiamo sentito tutt* parlare di patriarcato.
QUesta macchina così complessa e ben rodata si regge interamente sulla collaborazione di tutti, uomini e donne.
Giulia Blasi, Manuale per ragazze rivoluzionarie.
Immaginate il patriarcato come un poliedro con un numero elevatissimo di facce: la a corrisponde al dirigente che non può assumerti perché prima o poi andrai incontro alla maternità, creerai un disservizio, peserai sul bilancio dell’azienda; la b rappresenta quella schiera di giudici – amatoriali e di professione – che sentenziano su uno stupro con un “Se l’è cercata; la c è un po’ come la nonna/mamma/zia ecc. che Ma quando lo fai un figlio? Una donna senza figli è incompleta, non può definirsi tale!”
La d somiglia ad un conduttore radiofonico che t’impedisce di invitare i tuoi follower a visitare un museo perché sei un’imprenditrice del beauty; la e sono tutte quelle donne che dicono “Ma si, era solo una battuta. Non ci vedo del sessismo in questo”.
Tra tutte queste facce c’è la famosa da maschio e da femmina, quella che, a partire dal primo vagito, ci marchia a fuoco con una tutina azzurra o rosa, con un’educazione da maschio e una da femmina. Le bambine giocano con le bambole, il dolce forno, il mini-aspirapolvere; i bambini hanno le macchinine, la palla, le armi. E quando cresciamo, quest’educazione ci definisce talmente tanto che, quando sentiamo di una donna vincitrice di un premio Nobel per la fisica, la chimica, la medicina ecc., ci meravigliamo come se fosse un evento straordinario; come se avessimo visto un pangolino tagliarsi un sigaro e fumarlo leggendo Walt Whitman.
Immaginate questa faccia del poliedro-patriarcato come una pagina di un libro pop-up: tiri una linguetta di carta e compaiono alcuni particolari.
Avete mai fatto una carrellata di programmi di cucina? Quanti di questi format vedono protagoniste donne chef? Quando si tratta di attività che facciamo tutti, come cucinare, il patriarcato ci mette lo zampino: nel programma di uno chef (magari anche stellato) vedremo creazioni da artista e ingredienti dai nomi impronunciabili; nel programma di una donna che sa cucinare (perché chi lo sa se è una chef), vedremo o una simpatica mamma chioccia che prepara una merenda con gli avanzi, o una scultura policletea che spiega come organizzare un elegante menù della domenica. Il contrario? Una rarità.
ok, ma l’arte?
Il mondo dell’arte funziona allo stesso modo. Lo dimostra anche la ricerca condotta dalla piattaforma Kooness: le opere di artiste donne – oltre ad essere ancora un’eccezionalità nelle gallerie – hanno una valutazione inferiore rispetto a quelle dei colleghi uomini; inoltre, il numero di artisti vincitori di premi è nettamente maggiore rispetto a quello delle artiste.
Ci sono poi settori che sembrano off-limits per le artiste. Fra questi bisogna sicuramente citare l’arte erotica.
I lavori di Milo Manara e Guido Crepax sono vere opere d’arte, giusto? Eppure, su Instagram, i post di Manara non sono zeppi di commenti osceni, di emoji di dubbio gusto.
![Sessismo nel settore artistico](https://closeupart.org/wp-content/uploads/2020/10/Paola-1-1024x659.jpg)
Ne ho discusso con una giovane artista, la tarantina Paola Biandolino – Bialineart. Laureata in Pittura ed Editoria D’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce, ha iniziato a realizzare lineart erotica durante il lockdown, «un po’ per cambiare e un po’ per farmi notare, dato che di certo non passano inosservati come lavori».
Com’è il tuo rapporto con il pubblico online? Hai mai ricevuto commenti o direct indesiderati che screditassero il tuo lavoro e la tua figura di artista?
Penso che sia un problema di tutte le donne; io ricevo quasi sempre foto o messaggi indesiderati, talvolta anche offese. Il più delle volte non leggo, o non apro le foto in direct perché so già cosa contengono. Mi limito a bloccare e a non rispondere. Un follower in meno è decisamente meglio se questo è lo standard.
A volte capita di ricevere apprezzamenti ad alcuni selfie, e confermo che non importa che tu sia vestita o nuda: ci saranno sempre persone che si prenderanno il tempo per scriverti qualcosa di osceno, alcuni mi paragonano alle donne che disegno, come se la pornoattrice o la sex worker siano i lavori peggiori del mondo; la realtà è che qualsiasi cosa tu faccia, se sei donna sei una poco di buono, e se raggiungi dei livelli più alti è perché hai fatto qualcosa per averlo, non perché semplicemente te lo meriti.
Un’artista che si dedica all’arte erotica, nelle sue molteplici forme, è considerata dai più una “bella di notte”. Perché?
Perché è così da sempre. Se un uomo disegna erotico non riceverà mai la stessa quantità di messaggi osceni da una donna – come succede invece per noi artiste. Nella testa della maggior parte di queste persone, io sono abituata a vedere corpi nudi; pensano che una foto o un messaggio sgraditi possano farmi piacere, e secondo loro, aggiungere una storia dove semplicemente sorridi, è il sintomo di aver avuto un rapporto con qualcuno – e non con una persona in particolare, ma una a caso.
Credo di aver fatto quasi il callo a questi messaggi. Fortunatamente, ci sono molti amici artisti – maschi – che concordano con me, e il più delle volte, dopo l’ennesima storia su Instagram in cui mi lamento dell’ultima foto anatomica ricevuta in direct, si scusano per il comportamento di questi soggetti (perché come altro vuoi definirli?).
Forse c’è ancora speranza.
![Sessismo nel settore artistico](https://closeupart.org/wp-content/uploads/2020/10/lecci-1024x757.jpg)
Volevamo andare oltre e abbiamo posto le stesse domande anche ad un artista, Antonio Lecci – 1_elle_91. Diplomato a Lecce in architettura e arredamento al liceo artistico, si trasferisce a Torino dove si laurea in architettura e dal 2015 lavora anche come illustratore e grafico freelance, collaborando con artisti della scena musicale. Tra i suoi attuali progetti ci sono Tetteinprestito e Loveinquarantine.
Com’è il tuo rapporto con il pubblico online? Hai mai ricevuto commenti o direct indesiderati che screditassero il tuo lavoro e la tua figura di artista?
Direi molto tranquillo e di reciproco rispetto, per la maggior parte dei casi; è pur vero che ognuno ha i follower che si merita. E a tal proposito OVVIAMENTE ci sono anche le mele marce, considerando i soggetti che rappresento – quasi sempre dei nudi reali; alle volte mi scontro con persone che non la pensano esattamente come me. Anche se in quelle situazioni, più che screditare il mio lavoro o la mia figura di artista, andavano specialmente a screditare la mia persona, come se fossi un approfittatore; perché un uomo che disegna nudo artistico o erotico su base di reference con modelle ha un secondo fine mai limitato alla sola arte.
Un’artista che si dedica all’arte erotica, nelle sue molteplici forme, è considerata dai più una bella di notte. Perché?
Credo che si basi soprattutto sulla visione distorta della realtà, una realtà maschilista che dice «Se una donna parla, pratica, racconta, disegna di sesso, allora non è una donna per bene». Se un uomo fa le stesse cose o è da idolatrare, oppure ha un secondo fine.
Il sesso è un tabù ancora ben radicato nella nostra società, ma si vedono degli spiragli di luce. Il fatto che se ne parli di più, che se ne veda di più, o che molte più ragazze ne disegnano è sicuramente una svolta importante.
Il tabù è evidente, e lo è anche quella percentuale di sessismo in questo settore che pesa come un macigno.
Estirpare alla radice
Per cominciare a cambiare qualcosa dall’interno, nel mondo del fumetto, nasce Moleste, il collettivo per la parità di genere che dà voce a fumettistǝ, sceneggiatrici, disegnatrici, coloriste, letteriste, soggettiste, giornaliste, traduttrici, ghost writer.
Chiunque – indipendentemente dal genere – abbia subito molestie o discriminazioni di genere può raccontare la propria testimonianza, che verrà pubblicata in modo del tutto anonimo.
Dal manifesto di Moleste.org
Il manifesto di Moleste è «una chiamata all’unione e alla solidarietà» per andare oltre la sola condanna dei comportamenti tossici e coinvolgere tutt* per operare alla radice del problema, per lavorare prima di tutto sulla mentalità di chi lavora in questo settore.
Quello che riguarda un solo corpo di una sola donna nel mondo riguarda tutte le donne.
Jennifer Guerra, Il corpo elettrico.
In copertina: Credit.