Avevo già parlato, in un altro articolo, del perché in un mondo pieno di immagini sia fondamentale la scelta curatoriale di mostrare al pubblico poche opere. La contemplazione avviene spesso grazie a un insieme nel quale lo sguardo, il corpo, i sensi, riescano ad essere catturati da una sola cosa, entrando in un dialogo profondo, senza mai essere separati da ciò che li circonda.
Questa è stata la scelta di Roberta Tenconi e Vicente Todolí, curatori della mostra Breath Ghosts Blind visitabile presso la Pirelli HangarBicocca dal 15 luglio 2021 sino al 20 febbraio 2022, e dell’artista – tanto desiderato e atteso – Maurizio Cattelan (Padova, 1960).
Prima di arrivare però a questa mostra bisogna oltrepassare, a fatica e con esasperazione, lo Shed di Pirelli HangarBicocca, che presenta Digital Mourning, prima personale realizzata da un’istituzione italiana dedicata a Neïl Beloufa (Parigi, 1985). Qui si realizza un’arte contemporanea in estremo dialogo con la realtà odierna: “l’idea di esistenza in un mondo tecnologico e la sua contestuale scomparsa”, l’essere sempre in movimento, come se fossimo all’interno di un traffico meccanico, ordinato e confuso, stressante. Non si comprende ciò che è reale e ciò che è simulato; ciò che è umano e ciò che è emulato; cosa fai tu e cosa fanno le macchine.

BREATH
In fondo allo Shed, attraverso un movimento di mano, si apre un altro sipario: si entra nella cosiddetta Piazza, in un ambiente rarefatto e buio, dove la luce sembra non riuscire a penetrare se non attraverso sfumature fredde. Nel silenzio assoluto, senti che il tuo corpo diventa parte integrante della narrazione artistica e nella vastità davanti a te, il riflettore isola e fa emergere una scultura, bianca, candida, marmorea: Breath.

Un uomo e un cane, accasciati in posizione fetale, uno di fianco all’altro. La composizione cerca di raccontare una storia tra i due corpi: il loro possibile legame e il loro rapporto con la vita. Sembra di esser davanti a una scena intima, alla quale però partecipiamo tutti i giorni, che sta tra l’inizio e la fine del nostro passaggio sulla terra, un momento riflessivo, individuale, basato sull’empatia e la fusione fra sguardi e respiri.
Ci è permesso di sbirciare, cercando di immaginare cosa sia questo legame sacro e atemporale. Più ci avviciniamo, più vediamo, anche se, forse, meno capiamo. È un’opera a definizione aperta, capace di invadere ricordi, pensieri profondi.

GHOSTS
Dopo un po’ (non capisci quanto), sei pronto a rialzarti, lentamente. Nel medesimo istante, ancora prima di entrare nella grande Navata, senti di essere osservato, che c’è qualcuno con te: Ghosts. Migliaia di piccioni in tassidermia sono disseminati lungo tutto lo spazio espositivo, dispersi negli interstizi tra i pilastri e le pareti dell’edificio. Classici animali presenti nell’ambiente urbano, all’esterno, in luoghi trascurati e pieni di turisti, ora sono presenze accompagnatrici, facendoti sentire non solo osservato e osservante, ma anche indesiderato, attraverso la loro fastidiosa presenza. Questi colonizzatori di spazi fanno sentire indesiderati altri colonizzatori di spazi, facendo da tramite alla terza e ultima opera.

BLIND
Dalla Navata si intravede l’ingresso al Cubo, c’è luce, forse un monolite nero. Ti avvicini, l’opera si rivela gradualmente. No, non è un monolite nero, è un parallelepipedo monumentale, la cui sommità è intersecata dalla sagoma di un aereo: Blind. Le proporzione dell’installazione crea un senso di sopraffazione. Il collegamento con l’11 settembre ti perfora, proietta un intero orizzonte di esperienze possibili. Mette la globalizzazione sullo stesso piano dei morti, dei terroristi e dei consumatori. Si passa da un polo bianco – Breath – a un polo nero – Blind. Dall’individualità alla collettività, accompagnati da sguardi silenti e giudicanti. Una parola sembra pervadere il tutto: abbandono.

Fanno questo le grandi opere d’arte: ti fanno accasciare per terra, portano la mente al pensiero, la mano alla scrittura. Così, seduta, attonita, ho capito cosa significasse davvero “fare un buon lavoro”, pensare seriamente a cosa si vuole comunicare, cosa si ha dentro, come lo si vuole trasmettere a chiunque valichi quella porta. Perché è questo a rendere Cattelan uno dei più grandi artisti del secolo, vero?
Seguendo un movimento ascensionale, la mostra si svolge in un ambiente rarefatto e sIlenzioso (…). Il suo sviluppo come trilogia può anche assumere una valenza allegorica nella simbologia del numero tre, che rappresenta l’idea di unità e perfezione, al tempo stesso evoca l’immaginario religioso della Trinità e della CrocIfissione.
lucia aspesi, fiammetta griccioli, mariagiulia leuzzi
LE PERPLESSITà
Sono ovviamente nate delle polemiche relative al “riciclo” dell’opera Ghosts – in quanto gli stessi piccioni avevano preso parte alla 47° (Tourists) e alla 54° (Others) Biennale di Venezia – ma anche riguardanti il presunto plagio del dipinto in acrilico del 1985 realizzato da Ico Parisi (Palermo, 1916) appartenente alla serie Architettura dopo e conservato presso la Pinacoteca Civica di Como. La verità la saprà l’artista, quello che sappiamo noi è che le forme si tramandano nel tempo, cambiando significato, attraverso idee e spazi differenti.


In copertina: Maurizio Cattelan, dettaglio di Blind e Ghosts, 2021, Pirelli HangarBicocca. Credit: Sophia Radici, 31.07.2021