Di Annalisa Biggi
Tempo di lettura: 3 minuti
Senza preavviso, senza nessun disegno preparatorio, senza alcun progetto studiato nei dettagli. Christo ci ha lasciato all’età di 84 anni, facendoci sentire tutti un po’ orfani.
Il suo addio ci ha colti di sorpresa, ma in fondo ci piace pensare che per lui, la cui cura del dettaglio non è mai stata un mistero, non sia stato così. 84 anni, di cui quasi 60 dedicati all’arte. Un’arte, la sua, che strizzava l’occhio all’impossibile, avvicinandosi esponenzialmente ad esso, quasi a testarne i confini.

Insieme alla moglie, Jeanne-Claude – con cui ha istituito il celebre progetto artistico noto anche solo tramite il nome di Christo – ha portato avanti un tipo di produzione che non solo non poteva passare inosservata, ma che era la più grande oppositrice dello sguardo disincantato. I loro impacchettamenti infatti, che li hanno resi celebri, sottraevano con lo scopo di riportare al centro del dibattito.
Il loro studio era il mondo, le loro opere la realtà quotidiana, tanto comune quanto ormai scontata agli occhi dei più. Non hanno tralasciato quasi nulla, tra i più celebri interventi ricordiamo, infatti, quello al Pont Neuf di Parigi (1985), al Reichstag di Berlino (1995) o, addirittura, alle isole della baia di Biscayne a Miami (1980-83).
Quella della coppia era un’arte del “ri-cordare”, dal latino “riportare al cuore”. Erano capaci di creare assenza con lo scopo di sottolinearne la presenza. Di fronte alla poderosa e mastodontica land art americana, alle spirali di Smithson e alle costruzioni babeliche di Turrel, Christo e Jean Claude muovevano le loro creazioni verso un’altra direzione, con un altro intento. Non creavano nuove immagini, ma nuove possibilità immaginative e, perché no, immaginifiche.
Ciò che si nascondeva sotto i loro grandi pacchi non era già più il luogo, l’oggetto o il monumento di partenza, ma qualcosa di ormai diverso, composto dalla somma delle impressioni individuali, delle idee e dei pensieri di ciascuno.

Christo e Jean Claude insegnavano a sognare, spingendo ad avere un diverso punto di vista sul “noto”. Come è stato per il memorabile intervento The Floating Piers (2016) sul Lago d’Iseo, in cui una passerella di 3 km ha ospitato circa 100.000 persone permettendo loro di entrare in contatto con la distesa d’acqua, di appropriarsene in modo diverso, più intimo, attraverso l’esperienza della vita.

Cosa è l’arte, se non questo? Cosa, se non uno strumento per far arrivare ad una più profonda conoscenza della realtà? La risposta a queste domande è nel “ri-cordo” di chi le loro opere le ha vissute e ha tratto da esse la propria esperienza personale.
Christo ci ha lasciati, dopo la moglie scomparsa nel 2009, ma rimangono i loro progetti – venduti nel corso degli anni per finanziare i costosi interventi ambientali – a testimonianza di un modo di intendere l’esperienza artistica come scopo e non come mezzo, ma soprattutto come un tempo in divenire da vivere.

In copertina: Christo, The Floating Piers (2016), Lago d’Iseo. Credit.