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Roger Dean è un artista inglese particolarmente conosciuto per il suo lavoro come copertinista per svariate band progressive rock a partire dagli anni Sessanta. Il suo marchio di fabbrica sono i paesaggi fiabeschi e fantastici che traggono ispirazione dalle bellezze naturalistiche delle Highlands inglesi. In questo suo immaginario surreale magia, natura e una tecnologia bizzarra retro-futuristica si combinano per dare vita a una narrazione visiva epica e affascinante che è entrata a far parte della cultura pop grazie soprattutto alla band londinese degli Yes.
Dean inizia a collaborare con la band nel 1971 quando venne chiamato dal producer dei Led Zeppelin, Phil Carson, per lavorare come artista per la Atlantic Records. L’incontro tra il creativo e il complesso musicale ha segnato l’inizio di una sinergia artistica e di un’amicizia che hanno permesso ad entrambe le parti di raggiungere il massimo potenziale espressivo nonché di successo. Gli Yes, infatti, in quell’anno stavano terminando le registrazioni di Fragile, il loro quarto album, che li consacrerà nell’olimpo del rock.
Dean stringerà immediatamente un legame eccezionale con la band, al punto da diventare l’unico copertinista della band, il creatore del logo ufficiale usato dal 1972 in poi e il principale progettista delle performance live del gruppo, contribuendo alla immensa presenza scenica degli Yes negli anni Settanta. Ma tutto questo successo, e la grandiosità che ne deriva, nasce da un mondo delicato e precario, ovvero quello raccontato dalla copertina di Fragile.
Il nome del quarto disco della band inglese nasce prima dell’arrivo di Dean alla parte figurativa del progetto: nell’idea originaria dei musicisti, infatti, la copertina doveva rappresentare solo un oggetto di porcellana frantumato insieme al marchio “fragile”, comunemente usato per le spedizioni dei pacchi. L’artista propose un’idea diversa, basata su un una narrazione fiabesca frutto della sua immaginazione: un bambino che sogna di vivere su un pianeta che si sta disgregando e che quindi deve costruire un’arca spaziale per scappare e trovare un altro pianeta su cui vivere.
Dean riesce a realizzare questa sua visione creando un’immagine che parte dall’idea di fragilità insita nel concept della band, ma la proietta a livello universale e letteralmente globale, seguendo i sentimenti dell’epoca di transizione che stavano vivendo; sicuramente non dissimili dalla nostra realtà attuale che anela un cambiamento.
Ciò che vediamo sulla cover, quindi, è una nave volante che sorvola un globo apparentemente serafico ma che, se visto da vicino, presenta delle faglie pronte ad espandersi. Nelle prime variazioni e studi del soggetto, la “terra” era rappresentata in due modi diversi ed opposti: in una versione veniva dipinta come un pianeta ”bonsai” di sola natura, piccolo e inerte; nell’altra il globo è totalmente spaccato e la superficie di ciò che ne rimane è rappresentata con un rosso sangue.
Interessante, infine, anche la cura del libretto interno al vinile originale in cui, sempre lo stesso Dean, inserì sia altre illustrazioni in tema con l’album, che un ritratto di ogni membro del gruppo con le rispettive famiglie.
Musicalmente, il disco è una pietra miliare del rock anni Settanta, inserendosi, assieme a Close to the Edge e a Tales from the Topographic Oceans, nel trittico di capolavori del periodo più prog della band. Il disco si distingue per la sua scaletta di brani variegata e per le suite musicali lunghe e tecnicamente complesse tipiche del suo genere di appartenenza.
Le nove tracce del LP sono però distinguibili in due gruppi: quattro brani orchestrati e ideati in gruppo e altri cinque pensati individualmente da ogni singolo membro. Tra le prime è da ricordare ovviamente Roundabout, la canzone che diventerà il singolo più conosciuto della band grazie alla sua orecchiabilità e al riff di basso di Chris Squire, che recentemente è stata riportato alla ribalta poiché inserita come sigla di chiusura delle puntate della prima stagione dell’anime Le bizzarre avventure di Jojo.
Tra le canzoni “personali” spicca invece la maestria di Rick Wakeman, allora nuovo membro del gruppo, che mostra il suo incredibile talento e virtuosismo alle tastiere nel riarrangiamento del terzo movimento della Sinfonia n.4 in Mi minore di Brahms intitolata Cans and Brams.
Il mio consiglio finale è quello di prendersi del tempo per ascoltare questo disco, dall’inizio alla fine, almeno una volta nella vita. Incredibilmente vi impegnerà meno di un’ora e vi assicuro non sarà uno spreco di tempo noioso, anzi. Per chi invece vuole andare dritto al punto e non ha tempo da perdere, oltre ai pezzi di cui ho già parlato, consiglio Heart of the Sunrise che incapsula perfettamente il sound e la grandiosità della band in “soli” 10 minuti.
In copertina: Roger Dean, dettaglio della copertina per Fragile degli Yes (1971). Credit.