ESSERE MOVIMENTO: IL TEATRODANZA E LA PERFORMANCE

Di Maria Serena Bongiovanni e Giulia Di Nallo

Tempo di lettura: 3 minuti

“Certe cose si possono dire con le parole, altre con i movimenti.”

Pina Bausch, ballerina e coreografa.

Se è vero che i movimenti esistono in tutte le danze, allora ogni movimento è una danza? E quante danze esistono in questo mondo?

Un giorno si sono trovate a porsi queste domande difficili Giulia e Mari, due amiche e spiriti affini, appassionate d’arte e legate in qualche modo a espressioni diverse del movimento: la performance e il TeatroDanza.
Ne è risultato un dialogo e un confronto che ripercorre esperienze vissute e prove superate. Un ragionamento che vuole portare a comprendere un così diffuso e meraviglioso amore per la danza e l’arte in generale.

Pina Bausch. Credit.

La performance ha una lunga storia e molti artisti l’hanno arricchita nel tempo con sperimentazioni diverse, fino alla contaminazione con il virtuale. Ma astraendo dalla sua storia, cosa significa farne parte?

Dove risiede la differenza tra spettatore ed esecutore? Si può essere entrambi allo stesso momento?

Da una parte l’esecutore è portatore di quello che vuole l’artista, dall’altra c’è la sua essenza soggettiva, come si sente, cosa sente. Lo spettatore, poi, reagisce alla sensibilità dell’esecutore.

Pretendiamo di trovare qualcosa nella performance come in un’opera d’arte astratta che non riusciamo a comprendere?

Guerrilla una pièce ideata dal collettivo spagnolo El Conde De Torrefiel, combinava i testi di finzione prodotti dalla compagnia catalana e gli scritti dei performers ed è ambientata a Milano nel 2023.
Triennale Teatro dell’Arte, Milano, 14 e 15 settembre 2017. Credit.

Mari ha partecipato a tre performance tra Londra e Milano.
In tutti e tre i casi aver fatto parte di una performance ha comportato la coesistenza di due lati inevitabilmente presenti in ognuno di noi, l’essere e il fare, la consapevolezza di voler trasmettere qualcosa a chi guardava e l’essere portatrice di un messaggio esterno, che condivideva ma non aveva creato.

La performance porta allo sconfinamento delle barriere ed è un frammento di realtà, quasi a metà tra danza e arti visive. É influenzata da entrambi e la sua restituzione è complessa come la modernità. Il dualismo la fa da padrona, la consapevolezza che rivivendola e rivedendola non sarà mai uguale a sè stessa, la rende unica.

The Tools’ Dance – Collective Performance è uno spettacolo in tre atti di Nico Angiuli che portava in scena danzatori, migranti e macchine danzanti. La performance indagava il rapporto fra tecnologia e schiavitù come forme di liberazione dal lavoro a partire dal gesto agricolo.
Fabbrica del Vapore, Milano, 11 luglio 2017. Credit.

Chi partecipa è al servizio della collettività, soprattutto nel caso di performance di impronta sociale. Diventa un atto comunitario, un abbraccio aperto allo sguardo dell’altro.

Lo rifarei? Sì e spero mi ricapiti. L’idea di mettere a disposizione me stessa e il mio corpo non per competenze tecniche dopo anni di allenamento, ma per disponibilità di condivisione sociale è una potentissima prova ed emozione. Ma non era un’emozione estemporanea. Le performance non erano improvvisate, eppure ogni giorno oltre all’importanza del movimento, apprendi che sei inevitabilmente diverso anche tu. Non credo esistano dati di lettura oggettivi se non nella bellezza della visione.”

The Tools’ Dance – Collective Performance. Fabbrica del Vapore, Milano, 11 luglio 2017. Credit.

Il viaggio continua con Giulia e il TeatroDanza

Saper danzare a livello tecnico non è lo scopo principale del percorso, il danzare arriva dall’input che si riceve. É possibile non decidere con la mente ma farsi guidare dal corpo, dalle nostre cellule, dai nostri organi.

Si dice che il cuore abbia un suo cervello e se ci lasciamo guidare, riusciamo ad ascoltare la voce del nostro corpo. Inizialmente questa voce parla a noi stessi, rendendoci consapevoli della nostra presenza e solo una volta compresa ci permette di dialogare con gli altri.

Si può educare il corpo all’ascolto profondo, attraverso il movimento, quello guidato dall’istinto che si lascia suggestionare da un’emozione. Ed è proprio lo sviluppo della nostra intelligenza emotiva il filo che parte dall’interno del nostro corpo e va a legarsi a quello degli altri che incontriamo sulla nostra strada. 

“Questo racconto è parte di ciò che ho assaporato, osservato, annusato, toccato e vissuto nella mia esperienza con il TeatroDanza e la Contact Improvisation, grazie alla cura di due meravigliosi insegnanti: Marco e Miriam.”

Performance TeatroDanza, Faro Teatrale, maggio 2019. Foto di Giulia Di Nallo.

L’esperienza del corpo

Le parole sono limitate nell’espressione di un’emozione, per cui il corpo non solo completa, ma è elemento imprescindibile delle relazioni e forse la danza nasce proprio da questa consapevolezza, perché il movimento e la relazione sono connaturati in noi. 

I corpi che danzano si legano e fanno entrare in gioco sul palco, sul parquet, sulla strada, davanti a uno specchio o appoggiati a una sbarra tutte le nostre emozioni, il nostro vissuto e le nostre passioni.

Nella dimensione del corpo e della comunicazione non verbale entrano in gioco l’empatia, la libertà del corpo, l’individualità di ogni movimento e dei singoli arti che si fanno strumenti di dialogo interpersonale.
La vita stessa, soprattutto tra noi italiani, dalla gestualità così potente, ci insegna che la modalità più efficace per creare un incontro tra le persone è tramite il corpo.

Connection a performance by Anouk Kruithof
May 21 2016 at Offprint at Tate Modern, London.

Le emozioni evocate da un’opera, soprattutto da corpi vivi davanti ai nostri occhi, sono soggettive e possono non corrispondere a quelle dell’autore della performance o del coreografo; è comune perdersi nel tentativo di interpretare una performance di qualsiasi natura, ma si prova di sicuro un’emozione. E chi rimane inerme davanti alle emozioni? Soprattutto dopo quello che stiamo vivendo ora?

L’espressione fisica di un’emozione è inevitabile e, alla fine di questo confronto, Mari e Giulia vorrebbero proprio abbracciarsi.

In copertina: Le Sacre du Printemps, Teatro San Carlo, Napoli, 2013 Tanztheater Wuppertal Pina Bausch ©NinniRomeo. Credit.

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