HANS HARTUNG. LA FABRIQUE DU GESTE: RITORNO A PARIGI

Di Annalisa Biggi

Tempo di lettura: 4 minuti.

Riapre dopo un anno di lavori il MAM – Musée d’art moderne de Paris con un omaggio al pittore tedesco, naturalizzato francese, Hans Hartung.

A trent’anni dalla scomparsa del grande maestro Hans Hartung (Lipsia 1904 – Antibes 1989), il Musèe d’Art moderne de Paris gli dedica una mostra che ne attraversa il fare artistico, svelandone l’operato, le variazioni del suo agire e il legame con la sua produzione fotografica.

Veduta della mostra, Hans Hartung. La fabrique du geste, A cura di Odile Burluraux, MAM – Musée d’art moderne de Paris.

La grande esposizione inaugura la nuova organizzazione degli spazi del museo, appena riaperto a seguito di un poderoso rinnovamento, e ben si armonizza con le sue incalzanti, labirintiche e immense sale, al punto che la stessa architettura dell’edificio riesce a esaltare i tratti della pittura di Hartung, essenziale e mai minimale.

Veduta della mostra, Hans Hartung. La fabrique du geste, A cura di Odile Burluraux, MAM – Musée d’art moderne de Paris. © Raphaël Chipault

Si tratta di una retrospettiva organizzata per progressione cronologica, in cui la scelta strutturale di creare delle aperture, scorci aperti nei muri, permette allo sguardo di sviluppare associazioni visive trasversali tra le opere dell’artista.

Hans Hartung, Senza titolo, 1940, Foto di Fondation Hartung-Bergman.

Percorrendo gli spazi espositivi appare subito chiara la notevole spinta alla sperimentazione che contraddistinse il pittore: il suo operare innovativo, la diversità del colore, dei supporti, delle tecniche e degli strumenti che ha utilizzato. È tuttavia importante soffermarsi su un fatto: Hartung non si avvicinò all’arte astratta per negazione, quasi a voler sottrarre dettagli e informazioni da una iniziale figurazione, ma scelse di sperimentarla mediante una convinta affermazione di valori intrinseci al quadro, liberi da rimandi al di fuori di esso. Infatti, se si esclude una fase per così dire cubista, in cui visi che ricordano Picasso troneggiano su delle carte in mostra, non vi è nulla che possa richiamare l’esterno nei suoi lavori, nulla che possa interferire con il loro “chiasso silenzioso”.

Hans Hartung, Acquerelli su carta, 1922.

L’attitudine dell’artista all’osservazione del dato reale emerge però nella sezione della mostra dedicata all’attività fotografica, cui l’artista si è sempre applicato, e che riflette uno sguardo attento alla costruzione dell’immagine.

Autoritratto dell’artista, 1966, stampa ai sali d’argento, cm 59x 49. Foto di Fondation Hartung-Bergman.

Tele divise, compartite – ora accarezzate, ora incise – che riflettono lo stato d’animo del loro creatore. Pathos e ordine si bilanciano, sfumano l’uno sull’altro come i colori di questi quadri; Dioniso e Apollo lasciano cadere le proprie riserve reciproche e si abbracciano in una danza ritmata, cadenzata che evoca il gesto dell’artista.

La mostra permette al visitatore di muoversi fra tele e carte, fra monocromo e colore, fra sfumatura e pienezza, fino a rendersi conto che, insieme ai passi, si avvicendano i decenni.

La forza affermativa delle tinte degli anni Sessanta è seguita dai toni psichedelici dei Settanta, quando le opere diventano taglienti creazioni su sfondi che paiono corrosi dall’acido. C’è un passaggio però che più degli altri grida la propria presenza, ed è quello coincidente con il 1987, anno della scomparsa di Anna-Eva Bergman, la compagna di vita di Hartung.

A questa data corrispondono tele di grande formato, spesso bianche, in cui il colore pare rarefarsi e il contenuto annacquarsi, come se il bisogno di esprimersi di Hartung si scontrasse con l’incapacità di mantenere la stessa incisività, come se non ci fosse più nulla da aggiungere alla sua lunga e intensa produzione.

Hans Hartung, t1989-r45, acrilico su tela, 1989.

Questi ultimi lavori, realizzati poco prima della sua morte nel 1989, sembrano concentrarsi su un dettaglio ingrandendolo, sformandolo in una dimensione che non gli appartiene, quasi fossero l’espressione del lamento di chi non ha più voce.

Così si conclude, nel silenzio, il cammino a tappe attraverso l’opera di questo grande artista il cui lirismo fa breccia, ancora una volta, nello scenario artistico parigino, educandolo all’attenzione e alla difficile arte dell’ascolto.

HANS HARTUNG

11 ottobre 2019 – 1 marzo 2020.

MAM – Musée d’art moderne, 11 Avenue du Président Wilson, 75116 Paris.

Credits: Annalisa Biggi e Fondation Hartung-Bergman.

In copertina: Hans Hartung, T1982 E15, 1982. Foto di Widewalls.

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