IL CASO “UNORTHODOX”: RIFLESSIONI SULLA DIVERSITÀ CULTURALE

Di Vittoria Farano

Tempo di lettura: 3 minuti

Non voglio che la mia casa abbia muri chiusi sui lati e finestre bloccate. Desidero che le culture di tutti i Paesi soffino nella mia casa il più liberamente possibile.”

M. Gandhi

Quando Mahatma Gandhi pronunciò a gran voce queste parole, intendeva dire che la cultura è un’eredità intrinseca in ognuno di noi, ma non è immobile o immutabile. Al contrario, la cultura è viva e respira. Inoltre se si arriva a far dialogare culture diverse in maniera ottimale ci si può adattare in maniera più pacifica ai cambiamenti del mondo.

Oggi 21 maggio, è la Giornata Mondiale della Diversità culturale per la Pace e per lo Sviluppo e l’Unesco sostiene fermamente, da sempre, che la diversità ci renda più forti, migliori. L’istituzione di questa ricorrenza nasce per celebrare gli straordinari benefici del confronto tra culture, includendo anche il nostro ricco patrimonio immateriale. Un impegno, quello del confronto interculturale che, talvolta, risulta ostacolato da culture estremiste che preferiscono preservarsi piuttosto che interagire con altre.

In questi giorni di quarantena forzata abbiamo avuto tutti molto tempo a disposizione per guardare il nostro film o la serie preferita. Unorthodox è stata la miniserie che ha attirato la mia attenzione, tra le altre e più delle altre.

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Non è la solita serie che si guarda in maniera più o meno disinteressata, tanto meno quella che si guarda per puro svago. È un prodotto cinematografico, tratto dal libro autobiografico di Deborah Feldman, che, seppur breve (il tutto è racchiuso in 4 puntate) permette di venire a conoscenza di un mondo che tanti di noi, me in primis, non conoscono. Eppure è un mondo vivissimo che spesso ci cammina accanto, anche se non ce ne accorgiamo o non ci facciamo caso.

La serie è tratta da una storia vera ed ha come protagonista Esty, una ragazza di fede ultra-ortodossa chassidica, dalla statura piccola ma dai desideri grandi che la spingono a fare ciò che prima le sembrava impossibile anche solo da immaginare.

Siamo a Brooklyn dove la modernità è in costante evoluzione, dove tutto corre veloce. Eppure c’è una comunità che va a rilento, o meglio, va al proprio passo ignorando totalmente colori, rumori e odori di ciò che si respira fuori. Troppo giovane, Esty è costretta a sposare un ragazzo che non ama: sua unica funzione al mondo sembra essere quella di procreare per garantire la continuità della comunità stessa, per ridare vita a tutti quegli ebrei a cui, invece, la vita è stata negata ingiustamente durante l’Olocausto.

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Un dovere non da poco, insomma, al quale cerca con tutta se stessa di obbedire, ma la volontà di fuggire lontano da un mondo che non le permette di esprimersi a pieno, è più forte. Nutre dentro di sé una grande passione per la musica, riceve delle lezioni private di pianoforte, unico momento segreto, rubato alla sua quotidianità, in cui si sente finalmente libera.

Comprende ben presto, che al contrario di quanto le impone la sua religione, ascoltare una canzone o perché no, cantarla non può e non deve essere ritenuto uno scandalo. Studia meticolosamente un piano: raccoglie dei soldi, come meglio può, li nasconde nei propri indumenti e, piena di paura e ambizione, prende un aereo e scappa verso la Germania.

A Berlino Esty capisce molte cose di sé e del mondo, ma questo forse lo avete già visto, o tanto meglio, spero di avervi fatto venire il desiderio di andarlo a scoprire.

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Quello su cui vorrei porre l’attenzione è il grande potere dell’arte, in questo caso quella musicale, che non conosce barriere, appartiene a tutte le culture e non può essere ostacolato. Anzi è da considerare come un grande movente che consente di far comunicare tra loro le persone, anche le più disparate.

Quando Esty arriva a Berlino sa di essere una voce fuori dal coro. I ragazzi che incontra, con i quali inevitabilmente e con un po’ di coraggio riesce a dialogare, sono stupiti dal suo modo di essere, capiscono subito che ha una storia diversa dalle loro da raccontare, ma che egualmente merita attenzione. Le fanno domande e soprattutto, senza invadenza, attendono i suoi tempi di risposta, in tutto e per tutto la aiutano, la sostengono e la rispettano.

Mi auguro che siate costantemente spinti dallo scoprire altri modi di vedere e vivere il mondo, non ritenendo il vostro come unico e imprescindibile. Impariamo ad ascoltare gli altri, se apriamo le nostre finestre, come suggerisce Gandhi, forse anche i più ostili avranno piacere a soffiare nelle nostre case.

In copertina: Credit.

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