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Povertà, cultura, tradizione, guerra, fame e disperazione è ciò che emerge dalle immagini di uno dei fotografi più importanti della nostra epoca: Steve McCurry.
un’infanzia difficile
Steve McCurry nacque il 23 aprile del 1950 negli Stati Uniti, più precisamente nella periferia urbana di Philadelphia. La sua vita è stata sconvolta sin dall’infanzia a causa della morte della madre quando egli aveva appena otto anni. È stato difficile per suo padre gestire i figli da solo, in particolare faticava con Steve che era un ragazzo abbastanza agitato. Tra i dodici e i tredici anni Steve venne mandato in un collegio perché nessuno a casa poteva occuparsi di lui.
Steve McCurry E LA FOTOGRAFIA
Steve McCurry si avvicinò alla fotografia alla Penn State University: da subito capì che quello sarebbe potuto diventare uno dei suoi più grandi interessi.
La fotografia era per lui un mezzo per viaggiare, esplorare e vedere il mondo e in essa trovava la serenità e la pace che aveva perso fin dalla sua età più prematura. All’inizio della sua carriera come fotografo, McCurry lavorava per un giornale, ma il suo sogno era viaggiare e la fotografia glielo permise.
Dopo la laurea e l’esperienza in un quotidiano locale, ha iniziato a lavorare come freelance in India. Quella trasferta, che all’inizio sarebbe dovuta durare due settimane, si trasformò in un meraviglioso viaggio lungo due anni.
Il fotografo rimase stupefatto dall’apertura verso la diversità da parte di uno stato come l’India e quel viaggio sancì il più grande cambiamento di tutta la sua vita. A partire da quell’esperienza decise che la sua occupazione sarebbe stata quella di fotografare le persone, la cultura e la tradizione così da far conoscere il mondo a chi avrebbe guardato le sue foto.
Lavorò anche in tante zone di guerra che per lui significò anche convivere con la paura, con il rischio di perdere la vita in ogni singolo istante.
Steve McCurry e L’AFGHANISTAN
Sono sue le foto sulla prima pagina del New York Times nel dicembre del 1979 che testimoniano l’invasione sovietica in Afghanistan. Poco dopo l’invasione russa dell’Afghanistan, McCurry riuscì ad attraversare il confine con il Pakistan in abiti tradizionali e una folta barba. Quelle furono le prime immagini che mostrarono al mondo intero il conflitto e le sue foto iniziarono a essere pubblicate dalle maggiori testate mondiali.
GLI SCATTI CELEBRI
Nel 1984 Steve McCurry tornò tra Pakistan e Afghanistan per documentare il fiume di profughi che, dal paese in cui infuria la guerra con i sovietici si trasferiva verso Peshawar. Fu il quel viaggio che McCurry scattò una delle sue più celebri fotografie “Ragazza Afghana” in un campo di rifugiati a Peshawar(Pakistan).
Gli occhi della giovane immortalata erano in grado di esprimere diverse emozioni: paura, tristezza, angoscia. Probabilmente le stesse sensazioni che ha provato in cuor suo Steve McCurry nel suo primo viaggio in quelle terre pericolose, ricche di tanti tesori.
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Mi accorsi subito di quella ragazzina. Aveva uno sguardo penetrante. C’era una folla di persone, la polvere turbinava tutto attorno. Era ben prima dell’avvento del digitale, quindi non sapevi cosa sarebbe successo con il rullino. Quando lo scatto fu ripreso, ovunque arrivarono volontari per lavorare nei campi rifugiati. Gli afghani erano orgogliosi di quella fotografia: la ragazza era povera ma mostrava un grande orgoglio, forza d’animo e grande rispetto per se stessa.
Dopo quell’evento è stato riconosciuto come “il fotografo di Sharbat Gula”. La foto divenne la copertina del numero di giugno 1985 della rivista National Geographic Magazine, diventando in breve tempo un’icona mondiale.
McCurry ha poi continuato a fotografare i conflitti internazionali, tra cui le guerre in Iran, a Beirut in Cambogia, nelle Filippine in Afghanistan e la Guerra del Golfo. Ma il suo obiettivo non era solo fotografare in zone di guerra. Infatti, Steve visitò anche l’Africa Centrale, fino alle montagne del Tibet, sempre andando alla ricerca di un’intimità con le popolazioni e le persone che ritraeva nelle sue opere.
Nel suo fotografare c’è un approccio antropologico, nelle sue immagini sono presenti cultura, religione e tradizioni, ogni sua foto è in grado di raccontare una storia che si può collocare in un ampio contesto.
Egli cerca il momento in cui la persona esprime la sua anima più genuina, pertanto, afferma:
Non ho mai avuto fotografie preferite. Certo, prediligo i ritratti, ma anche gli scatti che mostrano il comportamento umano e come questo si interfaccia con la natura o con gli animali. Come dico spesso, se sai aspettare, le persone si dimenticano della tua macchina fotografica e la loro anima esce allo scoperto.
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In copertina: Steve McCurry, Jodhpur, India – credit