di Chiara Sandonato
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Tra i benefici della fotografia, o forse dell’arte in generale, vi è la straordinaria possibilità di ricreare suggestioni che oltrepassano lo spazio e il tempo, evocando paesi, epoche o civiltà che, grazie ad essa, vengono a farci visita. Ne è l’esempio il curioso progetto fotografico Queen Maya realizzato da Alfredo Sanchez, l’artista messicano specializzato nella produzione di ritratti che ha fatto un salto nel passato della sua terra per conoscere e adorare le sfrontate regine della popolazione Maya.
Ciao Alfredo, ti va di raccontarci qualcosa di te e di come è iniziato il tuo percorso nel mondo della fotografia?
Sono nato a Città del Messico nel 1954 e ho studiato legge, con una specializzazione in commercio internazionale. Mosso dalla curiosità e dal desiderio di imparare, 15 anni fa ho preso in mano una macchina fotografica, proprio nel momento in cui questo strumento stava per essere stravolto dall’avvento dell’era digitale. Ho dovuto studiare tanto e approfonditamente due aree principali: le tecniche fotografiche e l’utilizzo di Photoshop. Così ho partecipato a seminari e workshop negli Stati Uniti e in Europa per ottenere delle basi fotografiche solide.

C’è una ragione in particolare per cui prediligi la tecnica del ritratto?
Sono attratto dalla Portrait Photography per l’interazione che mi permette di avere con le persone. Inoltre sono un convinto sostenitore del fatto che i buoni ritratti servono a far sembrare grandi le persone.
Quando realizzi un ritratto temi il giudizio degli altri?
C’è una citazione di Michael Orton in cui mi rispecchio: “La creatività è un viaggio personale e individuale che spesso viene apprezzato e assaporato solo dal creatore”.
Quali eventi/persone hanno condizionato il tuo modo di fare fotografia?
Due esperienze hanno influenzato la mia arte. La prima è legata al mio migliore amico e grande fotografo Julio Velasco, che mi ha aiutato a comprendere come creare fotografie invece di limitarmi a scattarle.
La seconda esperienza memorabile risale a una gita insieme al mio amico e fotografo Luis Caballo a Puerto Vallarta, dove solitamente trascorrevamo le vacanze natalizie. In quella occasione abbiamo deciso di organizzare un servizio fotografico in diversi scenari naturalistici coinvolgendo tutta la famiglia. È stata l’occasione per ammirare quei luoghi meravigliosi con un occhio diverso, attraverso l’obbiettivo della mia macchina fotografica. Mi sono reso conto che ero lì da molti anni e non mi ero mai preso il tempo per assaporare un momento così bello.
Ogni giorno si fanno delle esperienze che formano la propria visione della fotografia, è grazie a quelle che sono diventato il fotografo che sono oggi.

Queen Maya è uno dei tuoi ultimi progetti, di cosa si tratta?
Questa serie, come suggerisce lo stesso titolo, è ispirata alle regine Maya. Durante il periodo classico della civiltà Maya, le donne iniziarono ad avere un ruolo politico e sociale molto importante nella società. Secondo alcune fonti Maya esistenti, un certo numero di donne assunsero addirittura la posizione di regina. Questo fu uno sviluppo straordinario, poiché la tradizionale figura della donna nella società Maya era limitata alla famiglia. Pare che invece almeno cinque donne divennero regine in diverse città maya, salendo essenzialmente alla più alta stazione di potere e di influenza. Alcune di loro governarono addirittura da sole, senza la compagnia di un erede maschio.

Cosa comunicano le “tue” regine maya?
Hanno uno sguardo che trasmette fiera indipendenza. In alcuni scatti appaiono dure, quasi feline, pronte ad attaccare; mentre in altri sono ieratiche come antiche divinità, nell’atto di compiere un gesto decisivo e solenne.
Le tue immagini sono ben pianificate. Come prepari le riprese?
Per me, l’umore e la storia dei miei scatti sono molto importanti. Prima di tutto immagino la scena e penso al concetto di base, esplorando la storia dietro la mia idea e lo scenario che devo creare. D’altra parte, mi piace preparare con cura l’aspetto tecnico: misuro ogni luce e cerco di controllare ogni aspetto della scena.
Nel caso del ritratto, le mie sessioni di fotografia durano circa otto ore. Normalmente il truccatore impiega 3 ore per preparare la modella per lo scatto. Nel frattempo, per costruire il nostro rapporto, inizio a parlare con lei spiegandole cosa stiamo cercando di ottenere dallo shooting e cosa mi aspetto da lei. A causa della mia influenza dei vecchi maestri della fotografia, di solito ci vuole molto tempo per stabilire le pose o l’umore che voglio catturare.

Lavori da solo o con un team?
Lavoro sempre con un team. Un paio di settimane prima dello shooting preparo il concept e, quando mi è chiaro, ho un incontro con i miei assistenti e il team di trucco per discutere il progetto. In quel momento, programmiamo la giornata di shooting e, a seconda del concetto che definiamo, chiedo l’acquisto degli abiti e degli articoli extra che saranno coinvolti e iniziamo anche a cercare i modelli che possano fare al caso nostro.

A proposito di aspetti tecnici, puoi parlarci del tuo impianto di illuminazione?
Quanto abbiamo definito il progetto in sé, inizia lo studio della luce. Di solito parto da un numero inferiore per poi aumentare, posso passare da 1 a 7 flash contemporaneamente, dipende dallo scenario in cui stiamo lavorando e dall’obiettivo che vogliamo raggiungere.
Sono particolarmente meticoloso nella misurazione e nel posizionamento della luce.

Dopo uno shooting come selezioni gli scatti migliori?
Inizio a lavorare alle foto su Lightroom creando una base e facendo una pulizia di tutte le imperfezioni. Infine mi preoccupo di dare un tocco artistico.
Ricordo sempre che il famoso scrittore Jorge Luis Borges una volta disse: “Non si finisce mai un romanzo, lo si abbandona e basta”. Si può fare un’analogia con la fotografia, credo che sia esattamente la stessa cosa.

Usi per lo più palette ricche di colori e forti contrasti, questo deriva da un’influenza pittorica?
In effetti mia madre è un’ottima pittrice. Dopo la morte di mio padre si è trovata in una fase di depressione e così, per farla uscire da quella situazione, l’ho convinta a prendere lezioni di pittura. Mentre assistevo ho imparato tante cose, ho ricevuto una prospettiva sui colori e i modelli, sull’umore e molti altri aspetti della mia arte che poi sono stati incorporati nella mia impresa fotografica.

Qual è il prossimo progetto fotografico? Hai qualche libro o mostra in preparazione?
Circa 3 anni fa ho aperto una galleria d’arte a Cancun in cui ho lavorato molto duramente. È stato un bel progetto e continuiamo a lavorarci, di solito abbiamo una mostra d’arte ogni 3 mesi. In questo momento stiamo anche collaborando in una joint venture con alcuni degli hotel più conosciuti del paese per presentare il nostro lavoro nelle loro strutture e raggiungere i milioni di turisti che arrivano ai Caraibi.
Sto anche preparando un libro, il cui scopo principale è quello di aiutare e facilitare il lavoro dei fotografi nel settore del ritratto.
Sul tuo futuro libro, per il quale incrociamo le dita, offri qualche saggio consiglio agli aspiranti fotografi ritrattisti?
Impegnatevi nell’aspetto tecnico della fotografia al punto da poter gestire ogni parte con scioltezza. Quando hai il controllo di tutti gli elementi, puoi concentrarti sull’interazione con la tua modella per ottenere l’espressione che desideri. Dopo essere riuscito ad eccellere in tutti i punti, riuscirai a uscire dalla tua confort zone senza paura di improvvisare e rompere i paradigmi che ognuno di noi ha in mente. Poi vedrai che la tua creatività inizierà a fiorire.
Io ho fatto palestra con chiunque mi capitasse davanti. Scattavo ritratti
alla mia famiglia, ai miei amici, agli amici di famiglia, anche alle persone che lavoravano per me. A un certo punto, l’obiettivo si trasforma in un terzo occhio, diventa il tuo modo di vedere il mondo e di coglierne la bellezza.
In copertina: Alfredo Sanchez, Queen Maya, Credit