C’è voluto tanto per definire cosa fosse la fotografia, in passato sono stati vari i dibattiti per capire se quest’ultima fosse o meno una pratica artistica.
La fotografia venne poi definita arte solo nel 1940, con l’istituzione del dipartimento di fotografia del Museum of Modern Art (MoMA) di New York, e in quell’anno è stato definitivamente sancito l’ingresso della fotografia nell’arena dell’arte contemporanea.
Da quell’anno la fotografia è entrata a far parte della società destreggiandosi tra le varie arti. Inizialmente paragonata ad altre forme artistiche, si pensava che non riuscisse a coinvolgere nel profondo come la pittura o la scultura. Tuttavia esistono varie tipologie di fotografia e una di queste è quella ritrattistica, considerata una delle più intime e fortemente colme di sensibilità. shree lipi crack
Samuele Ripani, un giovane fotografo ci racconterà il mondo della fotografia ritrattistica e come si è avvicinato ad essa. anu script telugu
1. Ciao Samuele, presentati brevemente e raccontaci come e quando ti sei avvicinato alla fotografia.
“Sono nato nel 2001 a San Benedetto del Tronto e, fin da bambino, grazie ai miei genitori e a mia sorella che ne erano appassionati, ho sempre avuto la possibilità di maneggiare una macchina fotografica. Tuttavia, per i primi anni della mia vita non ho portato avanti quella che sarebbe poi diventata la mia più grande passione, dedicandomi principalmente allo studio e al nuoto agonistico. Nel 2017 ho deciso di ridimensionare il tempo dedicato a queste due attività per dare sempre più spazio alla fotografia. Credo di aver preso la giusta decisione, perché nel giro di pochi anni dall’inizio del mio percorso ho accumulato circa una quindicina di pubblicazioni su diverse riviste di fotografia di ritratto (italiane, americane, ma anche un po’ in giro per il mondo). Da aprile a giugno 2022 alcune mie foto sono esposte alla mostra VeniceArt 2022 di Venezia.“
2. Vedo dal tuo profilo Instagram che la tua fotografia è perlopiù ritrattistica, perché ti sei focalizzato proprio su quest’ultima?
“Quando ho cominciato a scattare fotografie non mi sono dedicato subito alla ritrattistica, anzi ce n’è voluto di tempo! Ho iniziato prima con molta street e paesaggi. Le foto mi piacevano e mi divertivo parecchio. Per gioco ho cominciato poi a scattare alle persone che avevo intorno, ma non ero soddisfatto dei risultati, perché non c’era nulla di più di una semplice persona che sorrideva davanti la lente. Preferivo fosse un bel tramonto al mare a essere bello, rispetto al mio amico ritratto una domenica mattina. Ma allora, perché non continuare con quei generi fotografici? Perché qualcosa dentro di me diceva: ‘Aspetta, il ritratto non può essere solo questo, forse stai sbagliando qualcosa?’. È grazie a questo dubbio che è iniziata la ricerca di un modo sempre migliore di raccontare qualcuno e me stesso. Oggi non riesco più a farne a meno.“
3. Cosa vuoi raccontare attraverso i tuoi scatti?
“Quello che voglio comunicare con la fotografia cambia continuamente. Oggi dietro ai ritratti che scatto c’è il bisogno di rendere il più tangibile possibile quello che ho dentro, che non è quasi mai un sentimento positivo. Per quanto possa sembrare il contrario, l’uso effettivo della macchina fotografica occupa solo una minima parte della mia vita, infatti alle volte passano anche mesi tra uno shooting e l’altro. Per riuscire a raccontare qualcosa di me attraverso una fotografia ho bisogno che quello che provo sia innanzitutto reale. Non riesco a creare cose che non ho mai visto o sentito. Lascio che la fotografia sia un modo per raccontare quello che mi succede e quello che mi passa per la testa.”
4. Come scegli generalmente i tuoi soggetti? C’è una scelta accurata oppure casuale?
“Quando ho un’idea per una nuova foto, non la completo mai al 100%. Ti spiego meglio: definisco più o meno quello che vorrei comunicare e in che modo, con che mood e con quale luce. Inizia poi la ricerca del soggetto perfetto, per completare nella mia mente quello scatto, studiando l’espressività del suo volto, i suoi colori, i suoi occhi e, ovviamente, cercando anche di accontentare il mio gusto personale. Ultimamente poi aumentano sempre di più scatti a soggetti che incontro per la prima volta. Oltre a un discorso di varietà, ho notato che mi trovo meglio a scattare a sconosciuti. Entro meglio in sintonia e riesco a non avere filtri con chi vedo la prima volta, facendo nascere una sorta fiducia da ambe le parti, il tutto sempre attraverso la macchina fotografica.”
5. Noto anche che i soggetti delle tue foto sono essenzialmente donne della stessa fascia d’età. È una coincidenza o c’è una ragione prestabilita?
“Sia il fatto che siano principalmente donne, sia la loro età ci fa tornare al discorso della sintonia che riesco a creare con la persona che ho davanti. Il sesso femminile riesce a essere più sensibile e si presta meglio a raccontare la fragilità che ho bisogno di tirare fuori dalle mie fotografie. Voglio comunque che i soggetti scelti in qualche modo riescano a parlare di me, anche solo per un dettaglio, avendo ad esempio la mia stessa età, lo stesso colore dei miei occhi o lo stesso colore dei capelli. Voglio che l’altra persona possieda qualcosa che la accomuna a me.”
6. Qual è la difficoltà maggiore per un fotografo ritrattista?
“Credo l’Autoritratto. Penso sia il genere più alto a cui un fotografo ritrattista possa ambire. Autoritrarsi per me significa innanzitutto apprezzarsi e conoscersi, oltre ad avere il totale controllo della tecnica, del proprio corpo e della situazione intorno a sé. Ho scattato decine di migliaia di foto in questi anni, ma soltanto in una ventina sono io il soggetto. In quelle foto, tra l’altro, non sono nemmeno chiaramente visibile e riconoscibile: mi ritraggo girato, sfuocato o coperto in qualche modo.”
7. Cosa cerchi nello sguardo dei tuoi soggetti? Dai loro volti si sottolinea una preoccupazione, una paura, a cosa è dovuto?
“Voglio rendere il più materiale possibile le mie emozioni. La fotografia è ciò che più si avvicina a quello che ho bisogno di creare. Ho bisogno che anche chi ho davanti riesca a ricevere per una frazione di secondo quello che devo tirare fuori. Per questo le persone che ritraggo sembrano tristi e hanno quasi sempre lo sguardo in camera. ‘Metti il corpo così, viso leggermente più giù, gira un pochino a destra… ok, ferma, chiudi gli occhi e fai un bel respiro… sguardo in camera… Guardami’. Queste poche e banali parole permettono a entrambi di trasformare una semplice foto in qualcosa di più.“
8. Parlando dei più celebri fotografi della storia, hai un punto di riferimento? I tuoi scatti si ispirano a qualcuno in particolare?
“Non ho mai avuto punti di riferimento specifici, nel senso che non ho mai seguito o studiato approfonditamente le opere di qualche artista in particolare. Certo, anche io ho delle preferenze per qualcuno, ma ho sempre voluto cercare uno stile fotografico e una comunicazione completamente da solo, altrimenti non sarei capace di considerare le foto che faccio ‘mie’ al 100%. L’osservazione e lo studio della produzione degli artisti che più mi piacciono è sempre stato incentrato sulla tecnica. Prendere ispirazione e provare a emulare altre opere mi è servito solo come un modo per incuriosirmi e cercare di sperimentare tecniche nuove da utilizzare per raccontare le mie storie.“
9. Hai in programma delle novità a proposito del tuo progetto fotografico?
“Sicuramente ho ancora il desiderio di pensare e scattare foto nuove. Purtroppo l’unica cosa che non posso garantire è che effettivamente continuerò a fotografare per sempre. Chi mi conosce sa fin troppo bene che riesco a prendere decisioni di questo calibro da un giorno all’altro: oggi amo la fotografia e magari domani mi metto a fare altro.“
10. Qual è la tua aspirazione più grande?
“Mi piacerebbe che i ritratti che scatto arrivassero a più persone possibili, non solo per far conoscere il mio nome o far apprezzare la mia tecnica, ma per far sì che qualcuno possa rivedersi nelle mie foto. Mi è capitato diverse volte che qualcuno che non avevo mai visto mi scrivesse di quanto riusciva a immedesimarsi nei miei scatti, ritrovando pensieri anche suoi in qualcosa che avevo fatto io. Questo mi appaga veramente tanto perché è quello che cerco di fare ogni volta che pubblico o espongo uno dei miei scatti.”
In copertina: Foto dell’autore