Di Matteo Leonardi
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Parigi, la ville lumière, la città per eccellenza: arte, cultura, storia, bellezza e soprattutto amore. Victor Hugo diceva: “Respirare Parigi, conserva l’anima”, ma purtroppo tre giorni fa, il 15 aprile 2019, l’aria nella capitale transalpina si è fatta pesante, la tenue luce della città ha lasciato spazio all’accecante colonna rossa del fuoco, le tiepide assonanze dei violini per la strada e il tipico mormorio parigino sono stati rimpiazzati dal sordo rumore del divorare delle fiamme, l’odore di bagnato di fiori e il profumo delle crêpes si sono persi nell’aspro e violento olezzo del fumo.

Come migliaia di studenti ogni anno, ho avuto il piacere e l’onore di vivere a Parigi per sette mesi, senza sapere una parola di francese ma con il cuore colmo di curiosità. Parigi è così: non ti tradisce, rispetta le aspettative e a volte le supera. Ma se ci vivi, beh, in tal caso le cose si complicano. Diventa infida, complicata, quasi dispettosa, grigia, degradata, fredda, complessa e cara, carissima! Nonostante ciò, resta sempre affascinante, di un fascino intramontabile e perenne che ad ogni passo – nonostante tu sia sotto un diluvio, raggiungendo una metro iper affollata e avendo appena pagato tre euro per un caffè, che chiamarlo tale sarebbe un insulto – alla fine, non può far altro che riempirti il cuore.
Parigi è ricca di monumenti simbolo: la Tour Eiffel, Sacré-Cœur, Le Centre Pompidou, Il Louvre, ma nessuno di questi ha il fascino storico che aveva Notre-Dame de Paris. Rappresentava e tutt’ora rappresenta la storia della città e della nazione, il fulcro della fede e dell’arte, la grandezza della Francia. Parigi non è Roma, non ha i Fori romani, il Colosseo e le altre mille meraviglie di storia antica di cui l’Italia è tempestata. Notre-Dame è il simbolo della storia francese e rappresenta un reperto storico medievale meraviglioso, anche se modificato più volte nel tempo.

E allora la domanda che mi pongo in questo momento è: come è potuto accadere? Come è potuto succedere che un edificio così importante sia andato letteralmente in fumo? Le teorie sono differenti: c’è chi sostiene che siano stati proprio i lavori di restauro in corso che con qualche sostanza particolare abbiano innescato l’incendio. Qualcuno dice che era un crollo inevitabile, l’urlo finale di un edificio fatiscente. Forse non verremo mai a scoprire effettivamente quali siano state le cause, ma quello che so è che tanti, tantissimi italiani hanno condiviso la sofferenza per questa perdita. Nonostante ciò sia bellissimo, mi chiedo se queste persone sappiano la quantità di meraviglie che l’Italia possiede e che non valorizza e non restaura. Il “bel paese” potrebbe sopravvivere soltanto di turismo per la quantità e la qualità dei reperti artistici, culturali e paesaggistici che possiede, per non parlare del numero di professionisti che spesso si trovano in situazioni precarie ma che avrebbero tutte le competenze per far rifiorire la cultura di questo paese.
Dunque mentre Notre-Dame brûle (“Notre-Dame brucia”), che venga un insegnamento per tutti noi: andiamo a visitare, informiamoci e sosteniamo la cultura, impariamo e insegnamo ad essere sensibili alla bellezza. Nel frattempo Parigi soffre, brucia e piange in un giorno di sole, proprio quando un po’ di pioggia sarebbe servita. Che ironia.
In copertina: Credits AP Photo_Thibault Camus