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Il caso della signorina Temple, tuttavia, è d’interesse peculiare: per lei l’infanzia è solo un travestimento, il suo appeal è più segreto e più adulto.
Così scriveva nel 1937 Graham Green sul Night and Day, commentando la performance di Shirley Temple in Alle frontiere dell’India.
La carriera di un’enfant prodige veniva così incrinata, non a causa di una condotta inappropriata fuori dal set, lontana dai principi della casa cinematografia, ma per istigazione alla pedofilia: Shirley Temple, con il suo corpo di bambina di nove anni, attirava sentimenti d’amore e passioni adulte.
Il suo corpo era stato sessualizzato. La stessa cosa è accaduta ottantatré anni dopo alle bambine di Letizia Battaglia.

With Italy, For Italy, Palermo, 2020.
Credit Letizia Battaglia
With Italy, For Italy: Letizia Battaglia per Lamborghini
A settembre 2020, Lamborghini aveva annunciato la sua nuova campagna pubblicitaria dal titolo With Italy, For Italy – 21 views for a new drive, un progetto fotografico per valorizzare Il Bel Paese fortemente colpito dall’emergenza sanitaria: venti artisti, venti regioni e venti automobili.
Tra i grandi nomi scelti dalla storica azienda di Sant’Agata Bolognese c’è anche quello di Letizia Battaglia, la fotografa palermitana che meglio di chiunque altr* ha saputo catturare bellezza e sciagura, profumi e miasmi, luci e ombre, bianco e nero della sua città.

Nel periodo degli Anni di Piombo e del Sacco di Palermo, l’obiettivo di Letizia Battaglia ha visto i corpi senza vita di Cesare Terranova e Piersanti Mattarella, i binari vicino i quali era stato trovato, dilaniato dal tritolo, Peppino Impastato, bambini armati, vedove, mafiosi; miseria e misera nobiltà, ma anche l’amore alla quale la Galleria Francesco Pantaleone dedicherà una mostra che verrà inaugurata il 13 dicembre.
Sono iconiche le sue bambine: nel 1980, passeggiando per il quartiere La Cala con i colleghi fotografi Franco Zecchin ed Ernesto Bazan, vede delle bambine giocare con un pallone; chiede ad una di loro di poggiarsi ad un portone e di non sorridere: lo sguardo è denso, serio, il pallone in una mano e mille lire nell’altra.

Il Casus Belli
Quarant’anni dopo Bambina con il pallone, Letizia Battaglia torna a fotografare le monelle di Palermo. Per Lamborghini abbandona l’intimo, elegante e solenne bianco e nero, immortala bambine e preadolescenti; alle loro spalle, spesso fuori fuoco, una Aventador SVJ gialla.
Il 17 novembre l’azienda pubblica su Facebook un post con alcuni scatti e con un copy che recita:
Valorizzare gli angoli di una città meravigliosa, una città che è come una bambina piena di sogni e speranze.
Scoppia la polemica: i social straripano di commenti sfavorevoli, Vicky Gitto – presidente dell’Art Directors Club Italiano (ADCI) – parla di un «misero leitmotiv donne, motori e soldi», le attiviste palermitane di Non Una Di Meno accusano Letizia Battaglia di aver usato un «linguaggio delle immagini e la cultura visuale fanno da scenario al patriarcato e al sessismo».

Il problema siamo noi
Bambine in una piazza, bambine che si abbracciano in mezzo alla folla, bambine al mare; sullo sfondo, una Lamborghini. Bambine che fanno cose da bambine; in quello stesso luogo, nello stesso istante in cui vengono messi su pellicola i loro gesti, i loro sguardi, si vede anche un’auto gialla.
Eppure, quei giovani soggetti sono stati visti come delle Lolita, un Baby Burlesks all’italiana. Perché?
Evidentemente, siamo così abituat* al sessismo del binomio da motorshow donne – motori, che se poi accostiamo una bambina ad un qualunque mezzo su due o quattro ruote, gridiamo subito all’oggettificazione, allo scandalo come delle Helen Lovejoy.
«I bambini! Non avete pensato ai bambini? Ma perché nessuno pensa ai bambini?».
Siamo come Graham Green che, guardando una Shirley Temple alle soglie della preadolescenza, gridava all’istigazione alla perversione.
Se ci scandalizziamo al punto da condannare quest’ultimo lavoro di Letizia Battaglia alla damnatio memoriae (Lamborghini, in seguito alle polemiche, ha cancellato il post di cui sopra, provocando però un effetto Streisand), il problema siamo noi.
Nessun* di noi, infatti, storcerebbe il naso guardando un’undicenne stravaccata su una sedia in una piazza in una giornata estiva, seduta su una panchina in riva al mare, o poggiata distrattamente al cofano di un’auto (c’è da sottolineare che in nessuna delle foto pubblicate dall’azienda bolognese i soggetti sono ritratti a diretto contatto con il prodotto).
E allora perché dovrebbe esserci del marcio in questi scatti?
La stessa artista, rifiutandosi di parlare con chi ha giudicato il suo lavoro, ha affermato:
Le bambine in questione danno le spalle alla Lamborghini, sfuocata sullo sfondo, guardano me con i loro occhi potenti, capaci di farsi denuncia. Sono le bambine il vero potere, non le macchine di lusso. Non sono stata capita.
In un mondo ipersessualizzato, in cui vengono ufficialmente riconosciuti due soli modelli di femminilità – quello della santa e quello della puttana – siamo cadut* tutt* nel tranello del patriarcato. Dovremmo vergognarci.
Se Letizia Battaglia avesse scelto come protagonisti dei suoi scatti dei bambini, ci saremmo sentiti turbati allo stesso modo?
In copertina: Autoscatto. Credit Letizia Battaglia.