isola in tasca

L’ISOLA IN TASCA

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Uno dei topoi più importanti, anche più usati, nella letteratura è senza dubbio l’isola. Il concetto di questa realtà ha assunto significati anche diversi tra loro, legandosi prima alla letteratura di avventura e dopo ampliandosi a tutti i generi.

Pertanto, è facile per l’uomo associarsi all’idea di essere isola.

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Isola di Vulcano, cratere

L’isola nella letteratura

Siamo tutti cresciuti con L’isola del Tesoro, romanzo di Stevenson. Nell’adolescenza, abbiamo stretto amicizia con Robinson Crusoe, di Daniel Defoe, dove l’uomo riesce a controllare la terra selvaggia che lo circonda. Visione che scompare con Verne nel suo Isola misteriosa dove utilizza questa ambientazione per riflettere sul ruolo e sull’impatto della scienza nella vita dell’uomo. I naufraghi saranno alla fine vittime dei fenomeni naturali manifestati in tutta la loro forza distruttiva rendendo l’isola indomabile. Rappresenta il lato inaccessibile, più oscuro dell’uomo, che emerge dolorosamente nelle situazioni di tensione.

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Isola di vulcano, la valle dei mostri

È certo che si tratti di un’idea ambigua nella quale elementi ameni e vantaggiosi si contrappongono ad elementi inquietanti o eccitanti. L’isola è la culla di insidie e aberrazioni umane ma è anche il luogo dove poter rinascere. Un ecosistema alle volte perduto e di reclusione, altre volte completo di tutte le risposte alle proprie domande.

Ne è l’esempio L’Orlando furioso di Ludovico Ariosto. Insieme a Ruggero, vediamo l’isola feconda di ricche opportunità, ma procedendo nella lettura, la scopriamo ingannevole e nemica. Da Omero la cultura letteraria ha eletto l’isola come lo sfondo privilegiato delle proprie storie e l’ha investita di significati tra i più vari.

L’ISOLA COME ESPERIENZA

Questa estate, come miele per api, le isole italiane hanno attirato decine di migliaia di persone probabilmente proprio per l’effetto contrario: ritrovare il respiro – letteralmente – da città soffocanti.

Ritrovare per ritrovarsi, direbbe proprio così qualcuno affezionato al concetto lapalissiano. Aggiungerebbe che il tempo si ferma, che le albe isolane hanno “quella cosa lì” – cosa ancora non riescono a spiegarlo ma garantiscono che c’è – e allora la riflessione sarebbe davvero poco profonda, toglierebbe valore, quello vero, a una porzione di terra che rischia di diventare banale e di perdere l’autenticità a chi isolano lo è per davvero, a chi ci si sente sempre un po’ durante tutto l’anno e infine, all’isola stessa.

Raggiungibile per tutti con il turismo di massa, ma in contatto sincero con pochi.

Isola di Stromboli

LE ISOLE TREMITI

Doveroso l’occhio di riguardo alle Isole Tremiti, in Puglia. Qui, perfino l’eclettico Lucio Dalla aveva sancito un patto di fedeltà trovandovi rifugio durante il periodo estivo. Il cantautore bolognese amava in modo viscerale la Puglia e le sue isole, forse anche un po’ troppo all’ombra rispetto ad altre, ma è proprio quel fascino misterioso e completamente incontaminato dal vocio della gente che le rendono vere.

Qui scrisse il 4 marzo 1943 ed è sempre qui che dedicò al suo amato complesso isolano “com’è profondo il mare”. Un emigrante al rovescio che ha fatto dell’isola di San Domino e San Nicola, Capraia, Cretaccio e Pianosa (solo le prime due sono abitate), la sua seconda casa.

Storici sono gli scatti del grande fotografo Luigi Ghirri dedicati alle isole e al suo amico. Se l’anima avesse gli occhi, vedrebbe in quegli scatti e quindi nelle Tremiti quello che ancora oggi è nascosto a molti: un arcipelago dalla bellezza tanto semplice quanto selvaggia. Mai prese d’assalto perché le Tremiti non appartengono al circuito modaiolo. E questo, per chi è alla costante ricerca, è l’ideale oltre che dal silenzio meraviglioso. Ci sarà pur un motivo se il grande Lucio, che di poesia se ne intendeva, ne rimase folgorato!

Il vento che sale dal mare porta il profumo della Malvasia.

All’orizzonte nuove isole e questa è un’altra bella storia tutta dal retrogusto eoliano. 

VULCANO

L’isola di Vulcano è un po’ come quando devi tornare in un luogo già visto perché l’ultima volta hai dimenticato qualcosa che ti appartiene. La ritrovi, a distanza di anni, così come l’avevi lasciata: l’acre odore di zolfo che impregna l’aria (fenomeno, a cui ci si abitua presto, dovuto alle fumarole), il vivace chiosco, centro nevralgico dell’isola, e forse, ma ne sei quasi certa, perfino quella coppia in pensione seduta ad ascoltare della musichetta con la faccia rilassata, è la stessa.

L’unica a essere diversa sei tu, paghi il conto al bar degli errori e crei giusti ricordi e mentre sei sul cratere e il sole manda in scena il buio senza maschere, inizi il dialogo con Vulcano. Arredi uno spazio che ti somigli, riempi la notte di confidenze, di vino e risate. Formule nuove scritte un po’ nella Valle dei Mostri che attraversi disarmata e un po’ sulla spiaggia di Baia Negra dove ascolti e osservi le incalzanti conversazioni tra ragazzi tra chi è già un po’ grande e chi forse lo diventa proprio in questa estate, in questa notte. Sono le formule nuove che si ottengono a inciampi e a tentativi che permettono di togliere la polvere alle paure. 

STROMBOLI

Stromboli è stato un riconoscersi. Come quando ci si riconosce in qualcosa o in qualcuno e i toni assumono le sembianze del vero. E i toni del vero non li assorbe né il tempo né la distanza. Da quanto ci siamo aspettati? Da ora, da mai.

Essere lì di notte è un po’ come dormire in un’altra dimensione e svegliarsi nuovi all’alba, respirare, salutare il vulcano che è come il vestito della festa, quello buono, quello che scegli perché ti sta bene addosso. Le parole di Iddu disegnano la forma del vento in una giornata d’agosto di cui ho perso il conto.

Isola di Stromboli

Sei come un libro dal finale incredibilmente inaspettato stravolto e letto alla nuca di chi ami, che alla fine è il luogo dei segreti o come una donna dagli occhi chiari in una appollaiata solitudine la cui scura chioma si confonde nel profilo della suggestiva Sciara del Fuoco.

In una eterna grammatica del vedere, spogliati, disinibiti e finalmente abbandonati al dondolio del piacevole oblio verso tutto, ci fondiamo, ci amiamo.

Con le isole in tasca, vado via come si esce dalle apnee, perché tanto l’aria mi è stata data qui e di altrettanta ne ho bisogno dopo che ci siamo abbracciate, salutandoci. Entrata in una dimensione atemporale, qualche volta onirica, del ringraziamento e della precisione delle parole ed uscirne rinata e grata. Se alla tavola del vuoto, dove tutti parlano una lingua che non capisco, ti ho mangiato con gli occhi, appena ti ho visto, è perché avevo l’anima digiuna

In copertina: Tramonto isola di vulcano. Foto dell’autrice.

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