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UN INSOLITO INIZIO DI CARRIERA
Mario Schifano nacque nella Libia italiana, dove il padre di origine siciliana, era impiegato del ministero della Pubblica Istruzione. Dopo la fine della guerra tornò a Roma. A causa della sua personalità irrequieta, lasciò presto la scuola. Dopo aver lavorato in un primo momento come commesso, segue le orme del padre come restauratore nel museo d’arte etrusca e archeologica di Villa Giulia a Roma.
Schifano inizia la sua carriera artistica tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta. In questa fase, la sua ricerca è caratterizzata da una pittura monocroma, densa, con evidenti riferimenti al lavoro di restauratore di opere antiche, cui il padre lo aveva indirizzato.
LA SCUOLA DI PIAZZA DEL POPOLO
Sul finire degli anni Cinquanta partecipa al movimento artistico Scuola di Piazza del Popolo assieme a Francesco Lo Savio, Mimmo Rotella, Giuseppe Uncini, Giosetta Fioroni, Tano Festa e Franco Angeli. Il gruppo si riuniva al Caffè Rosati, bar allora frequentato fra gli altri da Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia e Federico Fellini e situato in piazza del Popolo, da cui il gruppo prese il nome.
L’INCONTRO CON WARHOL
Nel frattempo, al Caffè Rosati, Schifano aveva conosciuto la sua futura amante Anita Pallenberg, con la quale compì il suo primo viaggio a New York nel 1962. Qui entrò in contatto con Andy Warhol e Gerard Malanga. Iniziò a frequentare la Factory e le serate del New American Cinema Group. In questo periodo partecipò anche alla mostra New Realists alla Sidney Janis Gallery, una collettiva che comprendeva gran parte dei giovani artisti della Pop art e del Nouveau Réalisme, fra cui anche Andy Warhol e Roy Lichtenstein.
Negli Stati Uniti si avvicinò per la prima volta anche al mondo delle droghe, in particolare LSD, sperimentando la pittura sotto effetto di stupefacenti. A Roma, il suo appartamento fu luogo di feste e di incontri, spesso a base di alcol e droga. Il suo rapporto con la tossicodipenza fu burrascoso e angosciato. A causa della dipendenza finì sei volte in prigione, una volta in manicomio criminale e più volte in clinica per disintossicarsi.
LA CONSACRAZIONE A VENEZIA
Al suo ritorno da New York, dopo aver partecipato a mostre a Roma, Parigi e Milano, Mario Schifano fu tra i protagonisti della XXXII Esposizione internazionale d’arte di Venezia nel 1964. In questo periodo, realizza quei quadri definiti come Paesaggi Anemici. In queste tele è la memoria ad evocare la rappresentazione della natura con piccoli particolari o scritte allusive. Compaiono in embrione anche le rivisitazioni della storia dell’arte che lo portarono più tardi alle famose opere pittoriche sul futurismo.
L’ESPLORAZIONE DEL LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO
Negli anni Sessanta si avvicina anche al medium cinematografico. Realizza i suoi primi film in 16 mm Round Trip e Reflex, che lo inseriscono, come figura centrale, nel panorama del cinema sperimentale italiano. Nel 1967 si occupa delle sequenze dei titoli di testa e di coda per il film L’harem di Marco Ferreri. Fu proprio grazie all’interessamento di Ferreri al suo lavoro che l’anno dopo riuscì a produrre la sua Trilogia per un massacro. Un’opera in tre lungometraggi: Satellite (1968), Umano non umano (1969), a cui collaborarono Adriano Aprà, Carmelo Bene, Mick Jagger, Alberto Moravia, Sandro Penna, Rada Rassimov e Keith Richards e Trapianto, consunzione, morte di Franco Brocani (1969).
L’AMICIZIA CON I ROLLING STONES
A Roma Schifano conobbe e frequentò anche Giuseppe Ungaretti con il quale, già ottantenne, trascorse una celebre serata al Peyote. Ma l’incontro che in questo periodo lo influenzò maggiormente fu quello con Ettore Rosboch. Con lui strinse una profonda amicizia, basata sulla comune passione per la musica. In quegli anni, anche grazie ai continui viaggi a Londra, i due conobbero i Rolling Stones, ai quali presentarono Anita Pallenberg che nel 1965 iniziò una relazione con Brian Jones. Dopo anni, divenne la compagna di Keith Richards. Nel 1969 i Rolling Stones dedicano a Mario Schifano il brano Monkey Man.
LE SPERIMENTAZIONI MUSICALI
Intorno al 1966-67, anche grazie alla collaborazione di Ettore Rosboch e di alcuni musicisti, forma la band Le Stelle di Mario Schifano, uno degli esempi più alti di musica psichedelica italiana ed internazionale. Schifano lasciò il gruppo dopo l’evento romano Grande angolo, sogni e stelle svoltosi al Piper Club. L’impianto visivo della serata prevedeva la proiezione sui musicisti, tramite quattro proiettori, di immagini sul Vietnam, di immagini di natura e di un lungometraggio.
SCHIFANO: Un’ARTISTA ECLETTICO
Un’artista che definire pittore sarebbe alquanto riduttivo. Per due volte disegnò anche la maglia rosa, da grande appassionato di ciclismo. Goffredo Parise lo definì “pittore puma”: “Un piccolo puma di cui non si sospetta la muscolatura e lo scatto, che lascia dietro di sé l’impronta nitida e misteriosa dell’eleganza”.
MARIO SCHIFANO IN MOSTRA A NAPOLI
L’esposizione alle Gallerie d’Italia a Napoli, a cura di Luca Massimo Barbero, presenta oltre 50 lavori della produzione dell’artista dagli anni Sessanta agli anni Novanta, provenienti dalla Collezione di Intesa Sanpaolo e da importanti istituzioni culturali. Tra questi, il Museo del Novecento di Milano e la Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro di Venezia, gallerie d’arte e collezioni private nazionali ed internazionali. La mostra si avvale inoltre anche della collaborazione dell’Archivio Mario Schifano.
MARIO SCHIFANO: IL NUOVO IMMAGINARIO. 1960 -1990
Il percorso si apre con le prime opere monocrome rarissime, alcune delle quali provenienti dalla Collezione Luigi e Peppino Agrati. Sono tele che presentano solamente uno o due colori, applicati su carta da imballaggio incollata su tela.
Immancabili le opere che hanno reso Mario Schifano celebre: le famose insegne. Insieme a Franco Angeli e Tano Festa, egli fu tra i principali interpreti della Pop art italiana ed europea. Il percorso non può dunque non includere le tele iconiche dedicate alla Esso, alla Coca Cola e ai segnali urbani che caratterizzano la ricerca di Schifano nei primi anni Sessanta. La poetica dell’artista si basava proprio sulla veicolazione di immagini di uso comune e facilmente riconoscibili citate in molteplici modi.
LA PITTURA NELL’EPOCA DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA
Per la prima volta, la mostra napoletana espone al pubblico in maniera cospicua e organica una serie di opere degli anni Settanta denominate Paesaggi TV. Attraverso l’utilizzo della macchina fotografica e l’emulsione del colore sulla tela, Schifano ripropone fatti di cronaca, arte e pubblicità. Immagini televisive di consumo quotidiano, molteplici e a flusso continuo con leggeri interventi pittorici.
Intrinseca è la riflessione sul nuovo medium: la televisione. Così come oggi la pratica artistica contemporanea non può che confrontarsi con l’estetica di Instagram e TikTok, Schifano misurava la pittura con il nuovo mezzo di comunicazione di massa imperante, la televisione.
Schifano fu profetico. Nell’Italia dei due canali statali, che trasmettevano a orari contingentati e in cui la fine delle trasmissioni veniva segnalata da un’immagine fissa sullo schermo, intuisce che il futuro sarà immersione nelle immagini.
Appassionato studioso di nuove tecniche pittoriche, Mario Schifano era convinto che la pittura fosse diventata obsoleta, morta. L’attrazione verso nuove tecniche e linguaggi non lo allontanerà comunque mai davvero dalla pratica pittorica. Diventerà invece, un precursore curioso e avanguardistico dell’uso della tecnologia nella produzione pittorica.
MARIO SCHIFANO: IL NUOVO IMMAGINARIO. 1960 -1990
dal 2/06/2023 al 29/10/2023
Luogo: Gallerie d’Italia, Via Toledo 177, Napoli
Orari di apertura: Da martedì a venerdì: aperto dalle 10:00 alle 19.00
Sabato e domenica: aperto dalle 10:00 alle 20:00
Lunedì: chiuso.
Biglietti: intero € 7,00; ridotto € 4,00; gratuito minori di 18 anni e clienti Intesa San Paolo.
Per maggiori informazioni: Sito ufficiale
In copertina: particolare di Mario Schifano, Festa cinese (1968)
Tutte le foto sono state scattate dall’autrice.