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Ad un primo confronto con le opere di Lady Be è spontaneo ripensare a “Recupero e reinvenzione”, l’espressione resa celebre dal grande Ugo La Pietra.
Certo, l’architetto e artista milanese intendeva, nello specifico, riferirsi ad una ricerca per la rivalutazione delle periferie urbane; tuttavia, senza temere di ricorrere troppo a fantasia, si può anche constatare che, malgrado le differenze di superfice, il binomio riflette un procedimento proprio di ogni pratica artistica, se considerata nella sua formulazione teorica.
Non c’è nulla infatti, come insegna Lavoisier, che si materializzi dal vuoto: tutto, anche l’arte, è una più o meno innovativa composizione di elementi preesistenti; il grado di libertà risiede nella combinazione del noto che crea quello scarto – quella differenziazione rispetto a ciò che è già stato – che permette al genio artistico di manifestarsi.
LA POETICA: Il recupero
Se dunque “recupero e reinvenzione” è la teoria che sottende ogni azione creativa, a maggior ragione può esemplificare il lavoro di chi, come Letizia Lanzarotti – in arte Lady Be – ha fatto del riutilizzo di elementi di scarto la propria poetica.
In prima istanza, infatti, l’artista seleziona frammenti dal caos di oggetti capitalistici sfruttati, goduti e gettati, che verranno poi assemblati in quadri tridimensionali, secondo una linea debitrice delle avanguardie storiche, come riconosce lei stessa:
Arman e Spoerri sono sicuramente due grandi Maestri da cui ho tratto ispirazione, in particolare nella prima fase del mio lavoro – diversi anni fa – quando nel 2009 ho cominciato a raccogliere e tenere da parte diversi rifiuti, selezionando successivamente solo gli oggetti in plastica e ad accumularli.
LaDy Be
REINVENTARE
È tuttavia nel momento della “reinvenzione” che Lady Be si discosta maggiormente da ogni precedente sperimentazione. Il procedimento applicato, infatti, non è da intendersi quale trasfigurazione alchemica che elevi lo scarto ad una dimensione che non gli apparterebbe, la cosiddetta cultura alta a cui inerisce l’Arte; si tratta piuttosto di un gioco di scambi e rimodulazioni articolati nell’orizzontalità di un processo che salvaguarda e ripropone lo stesso contesto da cui l’elemento è stato prelevato.
Lady Be, infatti, a partire dal rifiuto preferibilmente di plastica, crea dei quadri i cui soggetti sono facilmente individuabili, tratti dall’universo immaginifico popolare.
scelgo personaggi che apprezzo non soltanto per il loro aspetto estetico, ma anche per i loro ideali, o per il contributo che hanno portato al mondo (…). Naturalmente, nel caso delle scelte di personaggi più recenti, l’omaggio è meno importante e magari le scelte vengono fatte semplicemente per rappresentare i miti attuali, spesso è “il popolo” a sceglierli.
LADY BE
Non una storia di redenzione dello scarto capitalistico, quindi, ma una sua riproposizione sotto (non) mentite spoglie o, per usare altre parole, un modo per “far uscire dalla porta ciò che è pronto a rientrare dalla finestra”.
Ma proprio questo aspetto dovrebbe far riflettere. Oltre a voler sensibilizzare sul tema del rifiuto e del suo riutilizzo, in modo forse non del tutto consapevole, Lady Be risveglia – tramite i faccioni da rotocalco proposti nei suoi quadri – l’incubo di non potersi liberare dalla pervasività di un certo tipo di immagini.
Allo stesso modo in cui si getta un oggetto quando è stata soddisfatta l’esigenza del suo utilizzo, così si pensa di controllare, scartare e talvolta sfuggire all’ondata figurativa che soffoca la nostra quotidianità. Ma è proprio la plastica dei lavori di Letizia Lanzarotti, così tenacemente brillante e colorata, a dimostrare che entrambe le azioni non sono di così facile compimento.
RICICLO E INTENTO DI SENSIBILIZZAZIONE
Se il monito al riciclo è il primo intento che contraddistingue la sua pratica, talvolta si può scorgere un più forte intento critico, che garantisce un maggiore scarto fra l’ambito di pertinenza dell’elemento di partenza ed il risultato finale. È questo il caso della sua ultima serie – ancora in corso – dove le sperimentazioni hanno coinvolto il giocattolo, con le implicazioni personali ed emozionali che lo accompagnano.
Nell’opera Barbie tumefatta, per esempio, l’immagine rassicurante della Barbie – triste modello per una stereotipizzazione di genere, ancora troppo poco approfondita – è stata oggetto e soggetto di un lavoro volto a richiamare l’attenzione sulla violenza sulle donne. La bambola, infatti, riportando segni evidenti di violenza avverte “che anche la bellezza più pura e incontaminata può essere rovinata da botte ed ematomi, e ogni violenza va denunciata”.
SIGNIFICATO E SIGNIFICANTE
Gli intenti sociali, però, rischiano talvolta di essere inquinati dall’aspetto finale delle opere. I colori, la materialità ed i soggetti, infatti, ne aumentano l’appeal, a cui consegue una più ampia ed eterogenea fruibilità. Se quindi, per certi aspetti, questo permette di raggiungere un maggior numero di persone – anche lontane dal mondo dell’arte – dall’altro rischia di catalizzare l’attenzione sull’involucro, l’aspetto “pop” infiocchettato che si imprime negli occhi della memoria. Vero è che è accaduto che venisse apprezzato più il “significante”, ovvero l’articolazione degli elementi che compongono l’opera, che non l’intento dell’artista.
È già successo e credo sia qualcosa che accade spesso nelle aste online. Nello specifico, le aste online sulle mie opere che si sono tenute recentemente, nel periodo del lockdown, hanno raggiunto prezzi discretamente alti, e credo proprio che questa volta non sia prevalentemente merito della tecnica ma del soggetto che ho scelto di rappresentare.
LADY BE
Nonostante, dunque, la prima impressione possa ingannare, è l’osservazione attenta e ravvicinata dei quadri di Lady Be che illumina sulla loro vera natura.
Il rifiuto non è più cumulo come nelle opere di Arman: qui è orchestrato in modo grottescamente piacevole, a specchio della fugace spettacolarità mediatica contemporanea, attraente in prima istanza, ma infima se osservata da vicino.
Ciò che Lady Be immortala e ci presenta, a ben vedere, è la negligente accettazione di un meccanismo produttivo che non prevede, o almeno non in modo sufficientemente sistematico, il riutilizzo dello scarto; soprattutto se di un materiale durevole e inquinante come la plastica.
La speranza in un cambiamento è dunque racchiusa nello sguardo, quello attento e partecipe dello spettatore, incaricato di trasformare la consapevolezza in azione concreta.
In copertina: Lady Be, Lucio Dalla, 2019. Courtesy l’artista.