RITRATTO DI NANDA VIGO. DESIGNER ILLUMINATA

Di Asia Graziano

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Dopo Ulay e Germano Celant, il 2020 porta via anche lei, Fernanda Vigo, meglio nota semplicemente come Nanda Vigo

Figura centrale nelle pratiche artistiche anni sessanta e settanta, classe 1936, la biografia di Nanda è quella di una donna cosmopolita: dopo la formazione presso l’Institut Polytechnique di Lausanne e un’esperienza lavorativa a San Francisco, nel 1959 decide di aprire uno studio a Milano, sua città natale. 

“Arch/arcology”, dedicato a Paolo Soleri, realizzato in collaborazione con Alcantara, Museo MAXXI, Roma (2018) credit

Il tema essenziale della sua ricerca diventa il rapporto di conflitto o armonia tra luce e spazio, sia nell’architettura che nel design. Dal 1959 frequenta lo studio di Lucio Fontana e si avvicina agli artisti che avevano fondato la galleria Azimut a Milano, Piero Manzoni ed Enrico Castellani. Con Piero condividerà una grande storia d’amore, partecipando anche alla realizzazione di molti suoi Achromes

Nanda Vigo, “Lights Forever”, Deep Space (2013). Cm 210 x 103,5 x 33, 5, installstion view, Galleria Allegra Ravizza, Lugano, foto Emilio Tremolada (dettaglio in cover) credit

In quegli stessi anni, grazie a una serie di viaggi – le sue opere sono state esposte in più di 400 mostre collettive e personali in vari paesi – Nanda conosce gli artisti del movimento ZERO. Dal 1959 si era dedicata alla progettazione della ZERO house a Milano, terminata solo nel 1962. Nel 1965 ha curato la leggendaria mostra ZERO avantgarde nello studio di Lucio Fontana, con la partecipazione di ben 28 artisti. Fu la prima a portare in Italia il lavoro dell’artista Jesús-Rafael Soto, organizzando una mostra presso lo studio Fontana. La Vigo aveva portato con sé a Milano le opere dei suoi amici, fresche di esposizione ad Amsterdam, convincendo Fontana dell’importanza di creare un’occasione espositiva nel suo studio. 

Nanda-Vigo, Zero House, Milano, 1959 Foto © per gentile concessione di Nanda Vigo

Nanda non è stata dunque solo designer o architetto all’avanguardia, il suo lavoro aveva anche una forte impronta curatoriale, poiché lei credeva profondamente nell’importanza di far rete tra creativi: metteva insieme architetti, artisti, dava vita a situazioni nuove e allestiva spazi di azione corale. Nei suoi interventi di architettura coinvolgeva anche Lucio Fontana e Enrico Castellani. Nella periferia milanese, un palazzo di uffici in via Palmanova è stato centro della loro sperimentazione: ne hanno disegnato l’androne, lavorando spalla a spalla. La sfida era quella di interpretare le possibilità infinite dello spazio, anche e soprattutto di quello spazio lontano dalle istituzioni culturali e dalle convenzioni. 

Nanda Vigo, Lampada Golden Gate foto Ugo Mulas

Tra gli aspetti che più colpiscono della sua biografia artistica vi è sicuramente l’interesse per l’integrazione tra le arti. Fu pioniera della fusione tra architettura e arte, prima che questa diventasse una relazione quasi scontata. Nel 1959 inizia a collaborare con Gio’ Ponti per la Casa sotto la foglia, a Malo; nel 1971 riceve il New York Award for Industrial Design per la mitica Lampada Golden Gate in acciaio cromato e luci fluorescenti e sempre nello stesso anno progetta e realizza la Casa-Museo Remo Brindisi a Lido di Spina. Un edificio in cui arte, architettura e design si fondono: il grande corpo cilindrico centrale collega i diversi piani con gli spazi abitativi, quelli dello studio dell’artista e le aree espositive. 

Casa Sotto la foglia, Nanda Vigo e Giò Ponti, credit

Lo studio della luce e l’impiego di materiali riflettenti, capisaldi della ricerca della Vigo, hanno caratterizzato anche gli ultimi progetti dell’artista. Nell’ottobre 2018, presso la Chiesa di San Celso a Milano, Nanda aveva organizzato la mostra Global Chronotopic Experience, con l’obiettivo di ricreare un Ambiente Cronotipico in acciaio inox laminato e Perspex, che rievocasse quello realizzato da lei stessa nel 1967 alla Galleria Apollinaire e nell’estate dello scorso anno, geometrie al neon e amplificatori luminosi davano forma alla scultura per Palazzo Reale.

Come lei stessa ha dichiarato in un’intervista per Private View un anno prima della sua morte:

“A cosa mi ispiro? Alla luce. La luce è determinante per le forme, per gli oggetti e crea un’ambientazione totale, secondo me. La luce va’ e non ha dimensione: si può viaggiare molto lontano”.

  • Nanda Vigo
Mostra “Sky tracks”, Trigger of the Space, installation view, Galleria San Fedele Milano (2018). Foto Marco Poma credit

In copertina: Nanda Vigo – Alcantara-MAXXI credit

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