Di Chiara Sandonato
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Per un breve periodo, Tamas e io, siamo stati compagni all’Accademia di Belle Arti in Sicilia. Lui era un pittore dalla tecnica impeccabile, con uno stile intrigante e psicologico e il suo inseparabile zaino pieno di colori a olio e pennelli di ogni genere.
Mentre io stavo ancora cercando di comprendere la differenza tra una tempera magra e una tempera grassa, Tamas era già un artista a tutti gli effetti, con tutta la sua aura di mistero. Dopo le lezioni, quando fuori era già buio e la scuola si faceva silenziosa, lui rimaneva lì con il pennello in mano di fronte a una gigante tela, pronto per essere risucchiato per chissà quante ore…

Una volta ti ho chiesto di farmi un ritratto. Ricordi? E tu l’hai fatto. Un ritratto su carta con carboncino. È ancora conservato nel mio studio e spero un giorno valga un mucchio di quattrini!
Ma adesso veniamo a noi. Questa intervista è un’importante opportunità per conoscere un talentuoso artista, dal carattere a prima vista introverso, e per scoprire cosa si nasconde dietro le sue opere disturbanti e surrealiste.
Raccontaci di te e del tuo percorso nel mondo dell’arte fino a questo momento. Quando hai iniziato a dipingere?
Durante la mia infanzia ho realizzato alcuni dipinti ad acquerello, ma il mio primo “vero” dipinto risale al 2004, quando ho iniziato a studiare alla scuola d’arte. Avevo un grande insegnante, che mi ha aiutato molto durante i miei quattro anni di studio prima dell’Università a Cluj-Napoca, che ho iniziato nel 2008. Durante il percorso all‘Università di arte e design di Cluj, ho avuto l’opportunità di studiare un anno e mezzo in Spagna e cinque mesi in Sicilia, dove ti ho incontrato. Quei due posti sono stati davvero importanti nel mio sviluppo come artista, ma anche come persona.
Attualmente vivo a Cluj-Napoca, in Romania, dipingo e lavoro alla mia tesi di dottorato dal titolo: “La presenza del surrealismo nell’arte contemporanea“.

Durante i miei studi ero molto determinato a diventare un artista, ho lavorato tanto e ho osservato i grandi maestri come Rembrandt, Rubens, Van Gogh. Durante i miei primi due anni all’Università ho scoperto il mio stile, che è molto vicino al surrealismo. Seguire il percorso del surrealismo non è stata una decisione consapevole: improvvisamente mi sono ritrovato nel mezzo, come se i miei dipinti avessero deciso che quella era la direzione che avrei dovuto prendere.
È un terreno piuttosto intrigante: penso che il surrealismo abbia ancora molto da raccontare. Lavoro costruendo i miei limiti, ciò potrebbe apparire inizialmente come una “comfort zone”, ma posso dirti che in verità non è facile. Devo costantemente riconsiderare la relazione tra il mio approccio surreale e le leggi della natura, al fine di preservare l’armonia della mia natura visiva.
Le tue opere appaiono spesso come la rappresentazione di un sogno o di un incubo. Come nascono queste misteriose composizioni ?
Penso che l’atmosfera sognante o da incubo sia legata alla mia visione e al mio stile. Voglio dire, non dipingo nulla di troppo ovvio o facile da capire, proprio come avviene nei nostri sogni, quando incontri una persona misteriosa o senti la presenza di qualcosa, la paura ad esempio. L’altra ragione è perché nei sogni non hai limiti e l’interpretazione di un’opera d’arte deve essere libera, anche se parliamo di un ritratto puro e realistico. C’è sempre qualcosa al di sotto della superficie, se la cerchi allora la sentirai. Le mie composizioni devono essere libere e penso che questo sia il motivo principale per cui i miei lavori hanno questo “umore” da sogno.

Esiste un aggettivo con il quale descriveresti le tue opere?
Fugace o mortale: nelle mie opere voglio sempre mostrare la bellezza del destino o della transitorietà, la bellezza di far parte di qualcosa di grande, come il solo e unico organismo che è la Vita stessa.
In che modo la tua arte si lega al concetto di “inconscio“?
La parola “inconscio” è un buon termine per spiegare il mio modo di dipingere. Io non so mai cosa voglio davvero realizzare o dove andrò a finire, sento solo quella “voce profonda” nella mia testa che mi chiama a creare qualcosa. Comincio a lavorarci sopra e di solito è solo nel mezzo del processo che riesco a trovare e a rappresentare ciò che sento. L’unica cosa che so, è che devo essere il più attento possibile e catturare il momento in cui posso cogliere il messaggio generale o il significato del futuro dipinto, sin dalle prime macchie di vernice.

Alcuni elementi ricorrenti nelle tue opere presentano un aspetto macabro: teschi o carcasse di animali. Cosa rappresentano?
Gli elementi macabri che ricorrono nelle mie opere rappresentano la presenza della morte e del passaggio. Nei miei lavori, io non racconto alcuna storia, né realizzo un pezzo dopo l’altro per completare una serie di dipinti. Io voglio sempre mostrare la Vita che non può esistere senza la morte. Sia nei miei quadri più piccoli che nelle tele più grandi, il solo e unico messaggio è la Vita. Penso che adesso, in una realtà che ci conforta in modo fittizio e illusorio, sia necessario ricordare che non siamo solo le creature più intelligenti, ma anche le più fragili e sensibili. Dobbiamo rimanere sensibili, non possiamo perdere la nostra capacità di temere qualcosa o di essere empatici con altre creature.

I tuoi soggetti sembrano immersi nell’acqua, nell’aria o, talvolta, in scenari cromatici astratti. Quale relazione lega i soggetti al paesaggio circostante?
Il mio obiettivo principale nella pittura è quello di creare la mia interpretazione della natura e del paesaggio. Questo è in realtà un lavoro senza fine: ci sono innumerevoli modi per rappresentare un determinato paesaggio. Acqua, terra e cielo sono sempre presenti nelle mie composizioni, perché rappresentano lo spazio di base in cui qualcosa può accadere sulla Terra. E per me quegli elementi sono sufficienti per creare il mio “spazio carismatico personale”, dove posso sentirmi libero di creare qualcosa dalle origini all’infinito.

Quali sono le tue fonti d’ispirazione?
La mia vita: i miei sentimenti, la mia tristezza, la mia felicità, la natura, i misteri e le grandi scoperte degli esseri umani. E ovviamente i maestri dell’Arte, per me il grande artista Francisco Goya: senza di lui la mia visione dell’arte sarebbe molto ridotta.

Quali sono i tuoi obiettivi futuri? Ci sono dei nuovi progetti in cantiere?
Gli obiettivi per il mio futuro sono semplici: dipingere, creare, avere sempre uno spazio dove poter essere solo con le mie opere ed essere una persona buona e onesta con gli altri e con la mia arte. E non far mai parte di quegli “artisti di moda” che stanno creando delle opere solo per ottenere fama e fare carriera.
Parteciperò ad un nuovo progetto: una residenza per artisti a Budapest, in Ungheria. Presto mi sposterò lì con il mio cane, per un anno. Ho bisogno di un po’ di “aria fresca”, quindi, questa sarà l’occasione perfetta per concentrarmi su me stesso e sulla mia arte.
Come si chiama il tuo cane e che rapporto hai con lui?
Il mio cane, Frida, è il mio salvatore. Ha portato un sistema completamente nuovo nella mia vita di tutti i giorni – con le passeggiate mattutine – e mi ha insegnato il senso della responsabilità in modo meraviglioso. Mi sembra di vivere con un piccolo pezzo di natura. Fin da bambino volevo un pastore tedesco, ma era impossibile averne uno. Quando ho avuto l’opportunità di affittare il mio appartamento, ne ho comprato uno e so che è stata la scelta migliore nella mia vita.
In copertina: Todor Tamas, Dittico, The neighborhood, 240 x 120 cm, olio su tela, 2015.