VOCE AGLI ARTISTI: COME SARÀ L’ARTE POST COVID-19?

Di Chiara Sandonato

Tempo di lettura: 5 minuti

Cari lettori, partiamo da una delle rare certezze in nostro possesso: stiamo vivendo la drammatica Fase 1, cui seguirà una nebulosa Fase 2 e di lì in poi via coi numeri in progressione. Fino a qui tutti d’accordo.

Stiamo annegando in un’ingordigia spasmodica di previsioni future sul destino dell’economia, delle fabbriche, della scuola, della mobilità, delle aziende. Sento, invece, poco parlare d’arte e ancor meno sento parlare gli artisti.

Dunque facciamo loro una fatidica domanda: come sarà l’arte post Covid-19?

Aqua Aura, MISS U, Febbraio 2020, Stampa digitale su carta Glossy Metal, cm. 100×100 – cm. 50×50

Si apre il sipario su Aqua Aura, l’autore di ambienti macroscopici e affascinanti in cui piante, dettagli urbani, ingrandimenti di cellule, virus e tessuti umani partecipano al pullulare incessante della vita:

Come sarà l’arte dopo il Coronavirus… Chi può dirlo?! Per quanto mi riguarda, non sto lavorando. Manca la concentrazione e sono troppo impegnato a scandagliare questa spaventosa e sublime mareggiata. Osservo tutto. Non mi voglio dimenticare nulla: nessun suono, nessuna paura, nessuno smarrimento, nessuna immagine. Di questa oscurità non mi voglio perdere neppure un frammento. Non mi sembra il momento, questo, per gli artisti. Il lavoro verrà, più avanti. Torneranno le opere. Non so come queste nuove immagini e queste nuove visioni potranno essere. So, però, che tutto quello che stiamo vivendo ci sarà. Da qualche parte, secondo una qualche modalità, in superficie o in profondità, nelle opere tutto questo ci sarà, anche dove apparentemente sembra non esserci. E se anche non dovessimo ritrovarlo, spero che un po’ di questa “severità” possa rimanere nei nostri occhi di giudici”.

A seguire, le riflessioni del pittore romeno Todor Tamas. Che impatto avrà l’emergenza attuale sui suoi scenari surrealisti e un po’ apocalittici?

Todor Tamas

“Nonostante l’impossibilità di fornire rimedi immediati e rapidi, al pari della medicina, ci sono stati molti momenti storici del passato in cui l’arte è stata interpretata come una “terapia a lungo termine per la società”, capace di veicolare messaggi di speranza, di porsi come strumento di solidarietà e di guarire i cuori feriti. La situazione attuale avrà certamente il suo impatto sull’arte, con risvolti sia negativi che positivi. Infatti, la crisi economica avrà un impatto sul sostentamento di molte persone, tra cui naturalmente gli artisti. Ma potrebbe anche avere degli effetti positivi, se solo questa rottura dalla frenetica società dei consumi possa essere servita a capire cosa significa “cultura” e come portarla avanti ed aiutarla”.

Todor Tamas, Dear Apocalypse, 2020
Todor Tamas, Gyàsz (Mattino in lingua ungherese), 2020

Attivo nel campo dell’accessibilità artistica, ascoltiamo Andrea Ferrero, il pittore che riesce a dipingere vedendo soltanto le ombre delle cose a causa della malattia che ha colpito la sua vista:

Andrea Ferrero

“Sarà inevitabile per alcuni artisti raccontare attraverso quadri, poesie, sculture e altre forme d’arte, l’esperienza del Coronavirus; mentre altri, forse, continueranno a produrre opere secondo la loro creatività. Dipenderà dalla sensibilità, dall’esperienza e dalle emozioni che essi avranno provato durante questo periodo. Per me l’artista è colui che porta necessariamente all’interno del proprio percorso creativo anche ciò che gli accade intorno, non solo ciò che succede all’interno della sua mente e della sua anima. Perciò, nei miei quadri ho esplorato sia la mia malattia, che molti temi politici o sociali della contemporaneità. Per il momento ho già realizzato un’opera attraverso la quale volevo esorcizzare la paura del contatto, il titolo è “Distanziamento Sociale”.

Andrea Ferrero, Distanziamento sociale, 2020.

Per finire, le riflessioni di Giovanni Federico, l’artista siciliano creatore di figure umane filiformi che emergono da affascinanti e sempre nuove scenografie.

“Da settimane non sento altro che frasi come “Quando tutto questo finirà, saremo diversi” , “Saremo migliori”. Credo sia solo un’ingenua speranza. Mi viene in mente una metafora verghiana che estenderei all’intera umanità: “Immaginate un monticello ricoperto da formiche. Se stuzzicate con il puntale di un ombrello, si noterà in un primo momento un grande scompiglio generale, ma passato un po’ di tempo il formicaio tornerà come prima al proprio lavoro e lavorio”. I cambiamenti nella forma di vita umana e l’arte che ne è parte, necessitano di tempi lunghi. Anche se certi eventi “traumatici” aprono, in qualche misura, a situazioni di momentanea destabilizzazione. Per quanto concerne il virus e i suoi effetti immediati, sicuramente molti artisti già incursionano e incursioreranno nelle specifiche del tema (coronavirus), rappresentandone la presenza. Ma, a parte la contingenza temporale, non credo che l’arte subirà modifiche sostanziali. Chiaramente non parlo dei singoli individui ma del cammino della collettività in tempi estesi.

In momenti come questi è più facile avere contezza del fatto che non possiamo avere il controllo di tutti gli accadimenti e che, in fondo, siamo ancorati al nulla. Che il sole sorga domani, diceva Wittgenstein, è solo una congettura… Posso solo immaginare che l’arte sempre sarà specchio dello spazio tempo in cui abita.A volte, forzando il pensiero di fronte a considerevoli dilatazioni temporali, posso anche ipotizzare che un giorno l’umanità si estinguerà e con essa ogni manifestazione artistica. Ma per il momento mi godo il sole che oggi è sorto”.

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